cari collleghi la discussione sulla mobilita` mi sembra un po confusa ed anche un po avulsa dalla realta`.
Di fatto, che lo vogliano o meno, oggi i giovani che aspirano ad un posto di ricercatore, a meno che non siano ferreamente inquadrati in un forte gruppo di potere, vanno in giro per l'Italia a fare concorsi sperando di azzeccarne uno prima o poi. Quelli piu avventurosi se ne vanno direttamente all'estero dove per altro e` piu` facile per una coppia di trovare una sistemazione nella stessa citta` o lo stesso istituto.
Mia figlia ne avra` fatti una decina da nord a sud prima di vincerne uno a Napoli che certamente non era la sua prima scelta.
Diverso e` il discorso del post-doc. Personalmente ho sempre scelto di mandare i miei giovani dottorati altrove, possibilmente all'estero per due motivazioni:
1. Credo sia utile ad un giovane ricercatore fare una esperienza fuori dal proprio gruppo di riferimento per vedere come funziano le cose in un altro dipartimento, per avere nuovi stimoli.
2. Credo che sia negativo per un docente diventare completamente responsabile della carriera futura di un allievo che cosi' diventa un cliente. Io credo di avere esaurito il mio dovere nel momento in cui ho fatto conseguire un dottorato ad un giovane e lo ho aiutato a muovere i primi passi della sua carriera. Non voglio farmi carico della sua vita.
La maggior parte dei giovani dottorati non hanno ancora famiglia o figli che gli impediscono la mobilita` e comunque quando si e` giovani non e` poi un dramma spostarsi per un periodo arrangiandosi. Io sono partito per l'america a 22 anni, quando il mondo era assai diverso, su una vecchia nave studentesca e poi un treno New York-- Chicago. L'arrivo in america non era molto diverso dai tempi di Ellis island, dovevamo portare le radiografie che mostravano che non avevamo la tubercolosi, scrivevo lunghe lettere che arrivavano dopo una settimana ed ho telefonato a casa solo dopo sei mesi. Quindi non esageriamo con il mammismo.
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Detto questo, ben diverso e` il problema della progressione di carriera. Qui bisognerebbe avere le idee chiare sul modello a lungo termine, quello che usualmente manca certamente ai nostri politici ma mi pare anche a molti di noi.
Grosso modo esistono due modelli totalmente opposti, nel sistema americano la quasi totalita` dei docenti si aspetta di diventare "full professor" entro i 40 anni. Naturalmente non necessariamente full professor ad Harvard o Princeton ma magari a Northeastern, Temple e via discendendo.
Non ho le statistiche ma credo che, benche' la loro societa` sia molto piu mobile della nostra, la maggior parte poi restano nella Universita` in cui hanno ottenuto la "tenure". Poi la dinamica della loro carriera e` molto diversa dalla nostra non essendo basata sulla anzianita`.
All' opposto sta il vecchio modello europeo che ho l'impressione sia cambiato spesso in modo casuale e non del tutto meditato, creando la confusione attuale.
Non so quanto ancora resiste del vecchio modello, forse in Inghilterra, ma in questo modello un numero ristretto o ristrettissimo di luminari o presunti tali diventa full professor e gli altri restano a livelli inferiori. Quindi in questo modello la logica direbbe che la carriera si esaurisce prima del full professor e questo dovrebbe essere lo standard senza generare necessariamente particolari frustrazioni. Nella magistratura non tutti diventeranno giudici costituzionali o alti gradi della gerarchia; nella chiesa non tutti diventano cardinali o papa. Ma di fatto non e` cosi.
Io non ho una soluzione da proporre ma solo ritengo che il ruolo dei ricercatori sia un nonsenso, noi abbiamo bisogno di docenti, l'idea che ho visto di assegnare compiti didattici ai ricercatori dandogli temporanemaente la qualifica di professore aggregato e` sciagurata e probabilmente fatta da chi non ha la esperienza di una situazione analoga, quella degli incarichi di insegnamento di trenta anni fa che ha prodotto infinite guerre intestine, facolta` bloccate, turpi scambi di favori etc. etc.. Non auguro a nessuno di ripetere quelle esperienze. ===================
Quando alcuni anni fa vennero introdotte le tre idoneita` io vidi subito gli aspetti perversi di questo sistema che non stanno nel fatto di permettere un avanzamento di carriera ad un collega ma in altre dinamiche che vorrei ricordare.
La prima mi e` stata del tutto evidente subito, un avanzamento di carriera costruito in modo arbitrario, senza tener conto dei bilanci delle Universita` o di una programmazione generale sarebbe diventato rapidamente un bonus attribuito ad una generazione, finche' duravano i soldi per poi chiudersi alla successiva. Di fatto queste mie ovvie considerazioni si sono puntualmente avverate.
La seconda sta nella irrazionalita` del sistema, un Dipartimento si vede trasformato di categoria un suo docente in modo del tutto eterodiretto. Senza considerare i meriti o demeriti del soggetto anche in relazione di altri colleghi. Uno ha vinto la sua lotteria in barba a tutti gli altri.
La terza, ho subito capito che l'idea di selezionare fra gli idonei quelli da far progredire bloccandone altri era una mera follia dovuta alla stupidita` del legislatore. I dipartimenti che hanno tentato di farlo e che io conosco si sono dilaniati in lotte intestine, la gia` precaria coesistenza fra colleghi ne e` uscita a pezzi con rancori profondi. Non si gestiscono cosi` i luoghi in cui un rispetto reciproco ed una collaborazione sono altrettanto preziosi di una competenza scientifica.
Nel documento che ho preparato su Universitas Futura mettevo in evidenza la necessita` di considerare la progressione di carriera in modo disgiunto dalle chiamate esterne. Quale debba essere la progressione standard e` evidentemente una scelta politica che dipende da molte altre scelte, mi sembra al momento una materia inestricabile ed in ogni caso dubito che i burocrati del ministero siano in grado di capirla. ======================================
Una ulteriore considerazione sul familismo, qui vi e` anche molta ipocrisia. Come ho gia` avuto modo di scrivere nel sistema USA e` del tutto comune quello che, mutuando il linguaggio dalla astronomia, viene chiamato il "two body problem".
Di fatto un po in tutto il mondo per motivi probabilmente antropologici e` abbastanza comune accoppiarsi fra colleghi e ovviamente si cerca di lavorare nella stessa citta`.
E` del tutto normale nelle universita` americane fare offerte congiunte a marito e moglie, non pero` ai figli che ovviamente dovrebeero costruire la propria vita in modo indipendente.