Maurizio:
ho riflettuto molto sulla tua proposta *contagiosa* ma ho dei dubbi.
Le dimissioni in blocco non hanno funzionato (per molti motivi, fra cui forse la piccolezza di molti colleghi, ma soprattutto, credo, l'incapacità di ascolto delle controparti, governo, presidenza della repubblica etc...).
Ora lasciare tutto il poco potere e il molto lavora organizzativo nelle mani di chi, se non altro con atteggiamenti succubi, ha permesso questo sfascio, mi sembra pericoloso.
Credo che oggi si debba cercare di *salvare il salvabile* magari rimettendoci del proprio, se non altro per rispetto dei moltissimi studenti che non hanno la possibilità di andare a studiare all'estero e che quindi sono costretti a restare con noi. A questi studenti dobbiamo dare l'anima.
Lo so che la qualità delle nostre università e del nostro insegnamento è destinata nonostante ogni nostro sforzo a declinare rapidamente. Ma cos'altro possiamo fare? se gettiamo la spugna *facciamo un favore* a coloro che da anni si adoperano (e con buon successo) per sfasciare scuola e università pubbliche.
Credo si debba tenere duro, facendo una sporca guerra di trincea e magari sporcandoci le mani. Ma qualcosa dobbiamo lasciare ai nostri studenti. O almeno dobbiamo provarci.
Anna
On Tue, 2011-10-25 at 10:59 +0200, Maurizio Persico wrote:
Per prima cosa voglio ringraziare Carlo Traverso per il lavoro che ha fatto e per la scossa che ci ha dato col suo messaggio di pre-commiato.
Poi voglio rivendicare la continuita` della mia protesta. Vista la prevedibile altalena tra fiammate di protesta quando c'e` un obbiettivo immediato come il tentativo di bloccare la legge Gelmini, e periodi di ordinaria rassegnazione, attuo una resistenza passiva che posso far durare molto a lungo. Da quando su questa lista era stato lanciata l'idea delle dimissioni, mi sono rifiutato di assumere incarichi organizzativi o istituzionali.
Il mio tempo lo dedico tutto alla didattica ed alla ricerca, e non basta mai perche' non ho soldi, pochissimi collaboratori, e ho invece molti impegni con altri gruppi di ricerca. Tutti i miei studenti tranne uno hanno lasciato il gruppo, molti anche l'universita` e/o l'Italia. Continuo a raccomandare a tutti di andarsene, al massimo dopo il dottorato, ma anche prima. I semi sono gettati.
Succede che i colleghi mi chiedano di recedere dalla mia decisione, anche perche' gli ordinari nel mio dipartimento ormai si contano sulle dita di due mani (tra poco una sola) e il mio atteggiamento sembra essere contagioso. In questo momento dobbiamo eleggere il presidente di CdS e nessuno sembra disposto a farlo. In queste occasioni ricordo ai miei colleghi che:
(1) ben pochi di loro hanno alzato la voce quando era il momento di farlo; chi pensava che non fossero gravi i colpi che abbiamo subito passivamente da 15 anni in qua, lavori e faccia proposte per far funzionare la baracca, ma non e` detto che io mi accodi, nei consigli dove ho ancora diritto di parola e di voto; "complicita`" forse e` una parola grossa, ma rende l'idea;
(2) ogni nuova regola, limitazione o taglio di risorse costringe a mediazioni al ribasso sulla qualita` dell'insegnamento e sull'organizzazione dei dipartimenti, e dovrebbe essere l'occasione per nuove proteste, ma non se ne vede traccia; io non voglio essere lo strumento di questi compromessi;
(3) il malcostume universitario continua imperterrito e dirigere un dipartimento o persino un CdS diventa sempre piu` una guerra contro i vicini (per definizione prepotenti); io non sono mai stato un "barone rampante" e non sono adatto a queste battaglie, che tra l'altro obbligano a una catena di alleanze con quei personaggi che hanno fatto del piccolo potere universitario lo scopo di una vita.
Ciascuno faccia secondo coscienza, non c'e` bisogno di dirlo, ma mi piacerebbe che si spandesse il contagio.
Saluti
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