Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Caro Modica,
Non ho dubbi nel sottoscriverlo. Anche se non ho speranze per il futuro. Per tutti o quasi i politici italiani (Monti compreso, vedi Legge di stabilita') e varie forze/lobby tipo Confindustria l'Universita' non conta nulla, e' poco piu' di un ente inutile.
I Rettori, che considero i piu' colpevoli (in quando avrebbero dovuto capire: cosa che non possiamo purtroppo chiedere ai nostri politici) del disastro in cui siamo caduti hanno trasformato le universita' in ``centri amministrativi" dove sempre meno e sempre piu' umiliati docenti servono per giustificare i crescenti organici amministrativi.
Una comica.
Grazie ricambio gli auguri di buon anno,
Un caro saluto,
MAURO B.
On 03/gen/2013, at 12.00, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Prof. Mauro C. Beltrametti Dipartimento di Matematica Universita' di Genova Via Dodecaneso, 35 16146 Genova Italy beltrametti@dima.unige.it
Sottoscrivo al 100%100 quanto scritto da Mauro Beltrametti. Quello che stiamo vivendo qui a Catania, da questo punto di vista, ha dell'incredibile!
Alfio Ragusa
___________________________________________________________________________ Mauro Beltrametti beltrametti@dima.unige.it ha scritto:
Caro Modica,
Non ho dubbi nel sottoscriverlo. Anche se non ho speranze per il futuro. Per tutti o quasi i politici italiani (Monti compreso, vedi Legge di stabilita') e varie forze/lobby tipo Confindustria l'Universita' non conta nulla, e' poco piu' di un ente inutile.
I Rettori, che considero i piu' colpevoli (in quando avrebbero dovuto capire: cosa che non possiamo purtroppo chiedere ai nostri politici) del disastro in cui siamo caduti hanno trasformato le universita' in ``centri amministrativi" dove sempre meno e sempre piu' umiliati docenti servono per giustificare i crescenti organici amministrativi.
Una comica.
Grazie ricambio gli auguri di buon anno,
Un caro saluto,
MAURO B.
On 03/gen/2013, at 12.00, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Prof. Mauro C. Beltrametti Dipartimento di Matematica Universita' di Genova Via Dodecaneso, 35 16146 Genova Italy beltrametti@dima.unige.it
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Cari tutti, non avrei problemi a firmare quest'appello ma, credo, sia troppo lungo e poco incisivo. Temo verrebbe letto come un solito piangersi addosso. Sarei piu' favorevole a sottolineare molto pesantemente il suicidio cui andiamo incontro regalando all'estero i nostri giovani migliori, che sarebbero l'unica vera spinta per far ripartire l'economia italiana e poco altro. Inutile lamentarci dei partiti di sinistra che hanno fatto poco, mi lamenterei della mancanza di proposte concrete nei loro programmi per il futuro. Vedrei bene un appello di mezza pagina, al massimo con pochi punti e la richiesta ai partiti di sottoscriverlo (percentuale investimento per ricerca, politiche per internazionalizzazione vera delle universita', eliminazione della figura del ricercatore a t.d. o suo stipendio raddoppiato...)
Se tutti pero' preferissero l'attuale versione non avrei problemi a sottoscriverla
Laura Sacerdote
2013/1/3 Luciano Modica luciano.modica@alice.it
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Concordo in linea generale con Laura Sacerdote... anche se sono convinto che l'Università Italiana sia assolutamente irriformabile. Benedetto De Vivo
----- Original Message ----- From: "Laura Sacerdote" laura.sacerdote@gmail.com To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Thursday, January 03, 2013 2:43 PM Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] appello
Cari tutti, non avrei problemi a firmare quest'appello ma, credo, sia troppo lungo e poco incisivo. Temo verrebbe letto come un solito piangersi addosso. Sarei piu' favorevole a sottolineare molto pesantemente il suicidio cui andiamo incontro regalando all'estero i nostri giovani migliori, che sarebbero l'unica vera spinta per far ripartire l'economia italiana e poco altro. Inutile lamentarci dei partiti di sinistra che hanno fatto poco, mi lamenterei della mancanza di proposte concrete nei loro programmi per il futuro. Vedrei bene un appello di mezza pagina, al massimo con pochi punti e la richiesta ai partiti di sottoscriverlo (percentuale investimento per ricerca, politiche per internazionalizzazione vera delle universita', eliminazione della figura del ricercatore a t.d. o suo stipendio raddoppiato...)
Se tutti pero' preferissero l'attuale versione non avrei problemi a sottoscriverla
Laura Sacerdote
2013/1/3 Luciano Modica luciano.modica@alice.it
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Caro Modica, mi riconosco nelle linee essenziali del messaggio da te preparato. Toglierei la precisazione che non chiediamo la luna, anche perché si chiede al nuovo governo di investire nel comparto Ricerca e Università in modo da essere in media con gli altri paesi UE. Pertanto ti segnalo che desidero sottoscrivere il tuo appello.
Vincenzo BELLINI Dipartimento di Fisica ed Astronomia Università di Catania via Santa Sofia 64 95123 Catania Tel. +390953785315 Mob. phone +393384348721
-----Messaggio originale----- From: Luciano Modica Sent: Thursday, January 03, 2013 12:00 PM To: undisclosed-recipients: Subject: [Universitas_in_trasformazione] appello
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
_______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Cari amici, anche io mi trovo molto d'accordo con l'appello di Modica che ringrazio per l'utile lavoro. Come Laura Sacerdote, penso pero' che forse sarebbe opportuno anche cercare di sintetizzare quanto scritto nel documento in un testo piu' compatto ed incisivo. Cordiali saluti a tutti. Giancarlo Rossi
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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caro Luciano
sottoscrivo l'appello anche in eventuale versione modificata (come suggeriva Laura Sacerdote) Auguri laura gardini Il giorno 03 gennaio 2013 12:00, Luciano Modica luciano.modica@alice.itha scritto:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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cari colleghi mi associo al ringraziamento a Modica per essersi fatto promotore dell'appello, e all'opinione di chi ritiene opportuna una versione più sintetica in entrambi i casi sono pronto a sottoscrivere Piero Lattanzi
Pierfranco Lattanzi Professor of Applied mineralogy Università di Cagliari Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche via Trentino 51, I-09127 Cagliari tel. +390706757722 +390552757490 fax +39070282236 email lattanzp@unica.it skype pierfranco.lattanzi
Sottoscrivol'appello Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Gardini, Laura" laura.gardini@uniurb.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Thursday, January 03, 2013 3:54 PM Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] appello
caro Luciano
sottoscrivo l'appello anche in eventuale versione modificata (come suggeriva Laura Sacerdote) Auguri laura gardini Il giorno 03 gennaio 2013 12:00, Luciano Modica luciano.modica@alice.itha scritto:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Caro Modica, Anch'io sottoscrivo l'appello,preferibilmente in una versione piu' breve. Giancarlo Vecchio Universita' di Napoli Federico II
Inviato da iPad
Il giorno 03/gen/2013, alle ore 15:54, "Gardini, Laura" laura.gardini@uniurb.it ha scritto:
caro Luciano
sottoscrivo l'appello anche in eventuale versione modificata (come suggeriva Laura Sacerdote) Auguri laura gardini Il giorno 03 gennaio 2013 12:00, Luciano Modica luciano.modica@alice.itha scritto:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
--
Prof. Laura Gardini laura.gardini@uniurb.it Full Professor of Mathematics for Economics Department of Economics, Society, Politics (DESP) University of Urbino, Via A. Saffi n.42, 61029 Urbino - Italy
http://www.mdef.it/laura-gardini/
tel. (Univ. Department) (+39) 0722 305510 tel. (Univ. direct) (+39) 0722 305568 fax. (Univ.) (+39) 0722 305541 tel. (home) (+39) 0722 580539 _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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sottoscrivo l'appello Marina Cobolli Facoltà di Sc MFN, Roma La Sapienza ----- Original Message ----- From: "Luciano Modica" luciano.modica@alice.it To: undisclosed-recipients: Sent: Thursday, January 03, 2013 12:00 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] appello
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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caro Luciano ci sono alcune risposte ed adesioni al tuo appello nella nostra mailing list ma mi pare che tu non ti sei iscritto e forse non le ricevi, forse potresti iscriverti.
ti chiedevo di non privilegiare centro-sinistra ed esplicitamente il PD come ricevente della richiesta (anche se ovviamente e probabilmente sara` il piu importante destinatario). In particolare sarebbe utile sentire esplicitamente la posizione dei bocconiani su questi temi.
Anche io toglierei la frase "sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo" perche suona troppo di politichese e cercherei di stringere un po i concetti per andare all'essenziale.
Mi venivano poi in mente quei fautori della "meritocrazia" che insultavano in parlamento Rita Levi Montalcini! e poi magari mandavano i creazionisti al CNR, "mala tempora currunt".
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Claudio Procesi, Professore Emerito,
Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo
Membro dell'Accademia dei Lincei
Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia fax 0039-06-44701007 http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/
Aderisco all'appello.
Silvia Morante
Prof. Silvia Morante
Member of the C6 Commission of IUPAP
Representativefor the connectivity with IUPAB
Department of Physics University of Rome "Tor Vergata"
Via della Ricerca Scientifica, 1 00133 Roma - Italy
Tel. +390672594554
Fax. +39062023507
http://biophys.roma2.infn.it/index.php/group-members/50-morante-web-page
*/"Ceux qui peuvent vous faire croire des absurdités peuvent vous faire commettre des atrocités."/*/François-Marie Arouet -- Voltaire/
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Il 1/3/13 4:58 PM, claudio procesi ha scritto:
caro Luciano ci sono alcune risposte ed adesioni al tuo appello nella nostra mailing list ma mi pare che tu non ti sei iscritto e forse non le ricevi, forse potresti iscriverti.
ti chiedevo di non privilegiare centro-sinistra ed esplicitamente il PD come ricevente della richiesta (anche se ovviamente e probabilmente sara` il piu importante destinatario). In particolare sarebbe utile sentire esplicitamente la posizione dei bocconiani su questi temi.
Anche io toglierei la frase "sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo" perche suona troppo di politichese e cercherei di stringere un po i concetti per andare all'essenziale.
Mi venivano poi in mente quei fautori della "meritocrazia" che insultavano in parlamento Rita Levi Montalcini! e poi magari mandavano i creazionisti al CNR, "mala tempora currunt".
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Claudio Procesi, Professore Emerito,
Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo
Membro dell'Accademia dei Lincei
Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia fax 0039-06-44701007 http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/
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Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Caro Luciano,
Ti ringrazio per lo spunto e apprezzo i contenuti del tuo appello. Mi trovo sostanzialmente d'accordo con quanto si chiede, ma c'è un aspetto molto importante che mi pare sia trascurato in questo testo e in generale quando si parla di università.
Uno dei problemi principali, a mio avviso, delle ultime riforme (a parte l'ovvio "costo zero", anzi meno di zero) è il fatto che per decidere come trasformare le cose si parte sempre dall'esistente e si cerca di mettere delle pezze guardando solamente all'università e mai anche al contesto in cui questa si muove. Non c'è mai uno sforzo di dire: questo è l'obiettivo, questa è l'università che vorremmo, questi sono gli strumenti per arrivare a quell'obiettivo, strumenti che rendono efficiente sia il sistema universitario che quello della ricerca e quello dell'apparato statale che gestisce le risorse.
I problemi che abbiamo, lato finanziario a parte, dipendono fortemente dal fatto che il sistema nel suo complesso non funziona. Faccio un paio di esempi rapidi per capirsi:
1) I posti banditi dalle università hanno (almeno dal 1997) l'avallo del ministero che ne certifica la copertura finanziaria. Se ci sono stati problemi ripetuti in questo ambito mi pare innegabile che ci sia stato anche un malfunzionamento ministeriale, ma nessuno ne parla mai.
2) La tempistica dei bandi di finanziamento della ricerca è casuale, così come lo è quella della chiusura dei bandi stessi e quella dell'erogazione dei finanziamenti (si arriva, posso provarlo documenti alla mano, oltre i 10 (dieci) anni dalla scadenza del bando). Lo stesso ammontare dei bandi è una funzione casuale del tempo (attualmente monotòna decrescente). Anche questo sembra che sia un aspetto minore quando invece è cruciale.
L'elenco può essere lungo a piacere, ma è chiaro che la matrice comune dei problemi non è solo il fatto che l'università e la ricerca non vengono considerate una priorità ma piuttosto una fonte di spese inutili (e quindi i fondi a disposizioni sono minimali e anche meno), ma c'è anche il fatto che l'apparato ministeriale non è compatibile con un funzionamento corretto a prescindere dall'ammontare dei fondi.
Per avere una università che funziona serve ripensare il sistema da cima a fondo con degli obiettivi chiari che determinino poi le condizioni di funzionamento e operatività del resto. Se vogliamo, per esempio, che tutto funzioni sapendo in anticipo tempistica dei bandi e ammontare medio dei progetti, con un minimo di regolarità, questo implica un certo tipo di funzionamento dell'apparato amministrativo, attualmente agli antipodi da quello che ci troviamo dinanzi tutti i giorni.
A mio avviso, in conclusione, serve che sia chiaro che tutto il contesto va modificato e che le università non possono essere chiamate ad essere uniche responsabili del malfunzionamento generale del sistema ricerca/formazione. Senza questa presa di coscienza qualunque riforma sarà destinata a fallire.
Si potrebbe quindi, piuttosto che fare un discorso lungo e dettagliato, di provare a ripartire da principi fondamentali che dovrebbero (devono) ritrovare il loro giusto posto nella dinamica delle scelte politiche. Può forse sembrare un parlare di aria fritta, ma se si parla sempre degli aspetti pratici senza toccare il cuore del problema il massimo che si può riuscire ad ottenere, dal mio punto di vista, è una pezza nuova su un vestito vecchio.
Cordialmente, Guido
sono d'accordo e ricordo incidentalmente le regole demenziali di alcuni bandi per il 40%, il sostanziale fallimento dell'esperienza CIVR, gli enormi problemi dell'ANVUR per alcuni aspetti dilettanteschi della sua gestione etc. etc.
temo che questo pero` vada al cuore dei problemi dell'amministrazione dello stato e della visione arcaico burocratica della stessa.
Spero di sbagliarmi ma ho qualche dubbio che l'anima piu` di sinistra del PD capisca queste problematiche.
claudio procesi
On Jan 3, 2013, at 6:09 PM, Guido Mula wrote:
Caro Luciano,
Ti ringrazio per lo spunto e apprezzo i contenuti del tuo appello. Mi trovo sostanzialmente d'accordo con quanto si chiede, ma c'è un aspetto molto importante che mi pare sia trascurato in questo testo e in generale quando si parla di università.
Uno dei problemi principali, a mio avviso, delle ultime riforme (a parte l'ovvio "costo zero", anzi meno di zero) è il fatto che per decidere come trasformare le cose si parte sempre dall'esistente e si cerca di mettere delle pezze guardando solamente all'università e mai anche al contesto in cui questa si muove. Non c'è mai uno sforzo di dire: questo è l'obiettivo, questa è l'università che vorremmo, questi sono gli strumenti per arrivare a quell'obiettivo, strumenti che rendono efficiente sia il sistema universitario che quello della ricerca e quello dell'apparato statale che gestisce le risorse.
I problemi che abbiamo, lato finanziario a parte, dipendono fortemente dal fatto che il sistema nel suo complesso non funziona. Faccio un paio di esempi rapidi per capirsi:
- I posti banditi dalle università hanno (almeno dal 1997) l'avallo del
ministero che ne certifica la copertura finanziaria. Se ci sono stati problemi ripetuti in questo ambito mi pare innegabile che ci sia stato anche un malfunzionamento ministeriale, ma nessuno ne parla mai.
- La tempistica dei bandi di finanziamento della ricerca è casuale, così
come lo è quella della chiusura dei bandi stessi e quella dell'erogazione dei finanziamenti (si arriva, posso provarlo documenti alla mano, oltre i 10 (dieci) anni dalla scadenza del bando). Lo stesso ammontare dei bandi è una funzione casuale del tempo (attualmente monotòna decrescente). Anche questo sembra che sia un aspetto minore quando invece è cruciale.
L'elenco può essere lungo a piacere, ma è chiaro che la matrice comune dei problemi non è solo il fatto che l'università e la ricerca non vengono considerate una priorità ma piuttosto una fonte di spese inutili (e quindi i fondi a disposizioni sono minimali e anche meno), ma c'è anche il fatto che l'apparato ministeriale non è compatibile con un funzionamento corretto a prescindere dall'ammontare dei fondi.
Per avere una università che funziona serve ripensare il sistema da cima a fondo con degli obiettivi chiari che determinino poi le condizioni di funzionamento e operatività del resto. Se vogliamo, per esempio, che tutto funzioni sapendo in anticipo tempistica dei bandi e ammontare medio dei progetti, con un minimo di regolarità, questo implica un certo tipo di funzionamento dell'apparato amministrativo, attualmente agli antipodi da quello che ci troviamo dinanzi tutti i giorni.
A mio avviso, in conclusione, serve che sia chiaro che tutto il contesto va modificato e che le università non possono essere chiamate ad essere uniche responsabili del malfunzionamento generale del sistema ricerca/formazione. Senza questa presa di coscienza qualunque riforma sarà destinata a fallire.
Si potrebbe quindi, piuttosto che fare un discorso lungo e dettagliato, di provare a ripartire da principi fondamentali che dovrebbero (devono) ritrovare il loro giusto posto nella dinamica delle scelte politiche. Può forse sembrare un parlare di aria fritta, ma se si parla sempre degli aspetti pratici senza toccare il cuore del problema il massimo che si può riuscire ad ottenere, dal mio punto di vista, è una pezza nuova su un vestito vecchio.
Cordialmente, Guido -- Guido Mula Dipartimento di Fisica, Università di Cagliari Cittad. Universitaria, S.P. 8, km 0.7, 09042 Monserrato (CA), Italy Phone: +39 070 675 - 4934 (office) - 4787 (lab); Fax: +39 070 510 171 email: guido.mula@unica.it
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Claudio Procesi, Professore Emerito,
Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo
Membro dell'Accademia dei Lincei
Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia fax 0039-06-44701007 http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/
Caro Claudio,
Mi rendo conto che impostare le cose in questo modo possa essere eccessivamente rivoluzionario.
Ma mi chiedo davvero cosa sia possibile ottenere con solo una (pur indispensabile e indilazionabile) iniezione di fondi. Dopo la modifica della legge 240/10, le università sono cambiate in modo estremamente verticistico con casi di baronismo acuto come quello di Catania ma non solo. Se il sistema di gestione delle risorse non cambia, i soldi potranno solo continuare ad andare ai soliti noti. Lunico modo per cambiare davvero è far sì che lato Stato e lato Università tutto funzioni in modo diverso, con una indispensabile responsabilizzazione di chi gestisce i processi e identificazione di obiettivi veri che non siano vaghi e indefiniti razionalizzazioni, sfoltimentie simili.
Se il PD non se ne farà carico (e finora ha innegabilmente dato notevoli segni di sfilacciamento e di poca o assente capacità di proporre in modo compatto scelte in questo campo) saremo, come adesso, nelle mani di questi pseudo economisti che ragionano solo in termini di mercato, per ritrovarci con le proposte di un senatore PD e del fratello (Pietro e Andrea Ichino) che sulla base di dati incompleti, con analisi parziali e inconsistenti, e con previsioni sul proprio modello con imbarazzanti errori di impostazione (se volete vi inoltro un'analisi dettagliata (una ventina di pagine) della loro proposta), sostengono un modello di prestiti agli studenti secondo il quale le università i cui ex studenti non guadagneranno abbastanza (e lo stipendio di chi diventasse Associato a 30 anni sarebbe appena sufficiente) saranno penalizzate perché, secondo loro, una laurea vale solo se porta a stipendi da favola.
Le nostre prospettive sono infauste, ma se non lottiamo per migliorare il sistema non avremo solo possibili infauste prospettive ma tristi certezze.
Cordialmente, Guido
On 03/01/13 19.42, "claudio procesi" procesi@mat.uniroma1.it wrote:
sono d'accordo e ricordo incidentalmente le regole demenziali di alcuni bandi per il 40%, il sostanziale fallimento dell'esperienza CIVR, gli enormi problemi dell'ANVUR per alcuni aspetti dilettanteschi della sua gestione etc. etc.
temo che questo pero` vada al cuore dei problemi dell'amministrazione dello stato e della visione arcaico burocratica della stessa.
Spero di sbagliarmi ma ho qualche dubbio che l'anima piu` di sinistra del PD capisca queste problematiche.
claudio procesi
On Jan 3, 2013, at 6:09 PM, Guido Mula wrote:
Caro Luciano,
caro Guido mi pare che un tempo Mao Tse Tung pensasse che la confusione che regna sotto i cieli fosse foriera di grandi rivoluzioni. Aveva torto, da noi la confusione regna da sempre e porta solo ad altra confusione.
siamo credo l'unico paese al mondo in cui la "riforma universitaria" non è un atto di cambiamento elaborato razionalmente e razionalmente portato a termine, ma un topos della politica, ogni imbecille che diventa ministro propone la sua in una specie di versione politico--pop della "storia infinita".
Bisogna ricominciare dall ABC e cioe` che le cose che si propongono e si decidono poi bisogna implementarle (e correggerle se funzionano male), bisogna avere certezze sui fondi, sui tempi di erogazione degli stessi, sui meccanismi del ricambio generazionale, bisogna che chi è in una istituzione a tempo determinato lo sia davvero, ossia dopo 2-3-4 anni o entra o è fuori. Ovviamente questo vuol dire saper gestire la cosa pubblica.
Bisogna che non ci siano i docenti che lavorano tre mesi l'anno (forse ora questo non è più vero?) o che si vedono nei dipartimenti una o due ore alla settimana quando va bene, etc.. Bisogna capire che si può lavorare nell'Università anche svolgendo funzioni diverse in modo dignitoso. Non fare finta che tutti sono uguali, se mettete in una commissione un premio Nobel e due cogli... la maggioranza la fanno i due.
Bisogna che i rettori non siano politicanti bene ammanicati con partiti e sindacati, dispensatori di favori.
Bisogna costruire case degli studenti e non lasciarli in balia di un mercato in cui un posto letto magari costa trecento euro al mese (se non è nel frattempo aumentato).
Bisogna favorire sia l'istruzione di massa che le scuole selettive di eccellenza (è poi veramente impossibile coniugare queste due necessità?), sono esigenze diverse ma complementari.
Non vogliamo avere penuria di laureati ma non vogliamo neppure che le eccellenze scappino tutte dal paese. Inoltre i poli di eccellenza possono diventare sentinelle dello stato generale della ricerca e punti di riferimento per i giovani. Questa è una cosa che la sinistra non ha mai molto capito (della destra non vale neppure la pena di parlare).
On Jan 4, 2013, at 9:14 AM, Guido Mula wrote:
Caro Claudio,
Mi rendo conto che impostare le cose in questo modo possa essere “eccessivamente rivoluzionario”.
Ma mi chiedo davvero cosa sia possibile ottenere con solo una (pur indispensabile e indilazionabile) iniezione di fondi. Dopo la modifica della legge 240/10, le università sono cambiate in modo estremamente verticistico con casi di “baronismo acuto” come quello di Catania ma non solo. Se il sistema di gestione delle risorse non cambia, i soldi potranno solo continuare ad andare ai soliti noti. L’unico modo per cambiare davvero è far sì che lato Stato e lato Università tutto funzioni in modo diverso, con una indispensabile responsabilizzazione di chi gestisce i processi e identificazione di obiettivi veri che non siano vaghi e indefiniti “razionalizzazioni”, “sfoltimenti”e simili.
Se il PD non se ne farà carico (e finora ha innegabilmente dato notevoli segni di sfilacciamento e di poca o assente capacità di proporre in modo compatto scelte in questo campo) saremo, come adesso, nelle mani di questi pseudo economisti che ragionano solo in termini di mercato, per ritrovarci con le proposte di un senatore PD e del fratello (Pietro e Andrea Ichino) che sulla base di dati incompleti, con analisi parziali e inconsistenti, e con previsioni sul proprio modello con imbarazzanti errori di impostazione (se volete vi inoltro un'analisi dettagliata (una ventina di pagine) della loro proposta), sostengono un modello di prestiti agli studenti secondo il quale le università i cui ex studenti non guadagneranno abbastanza (e lo stipendio di chi diventasse Associato a 30 anni sarebbe appena sufficiente) saranno penalizzate perché, secondo loro, una laurea vale solo se porta a stipendi da favola.
Le nostre prospettive sono infauste, ma se non lottiamo per migliorare il sistema non avremo solo possibili infauste prospettive ma tristi certezze.
Cordialmente, Guido
On 03/01/13 19.42, "claudio procesi" procesi@mat.uniroma1.it wrote:
sono d'accordo e ricordo incidentalmente le regole demenziali di alcuni bandi per il 40%, il sostanziale fallimento dell'esperienza CIVR, gli enormi problemi dell'ANVUR per alcuni aspetti dilettanteschi della sua gestione etc. etc.
temo che questo pero` vada al cuore dei problemi dell'amministrazione dello stato e della visione arcaico burocratica della stessa.
Spero di sbagliarmi ma ho qualche dubbio che l'anima piu` di sinistra del PD capisca queste problematiche.
claudio procesi
On Jan 3, 2013, at 6:09 PM, Guido Mula wrote:
Caro Luciano,
Claudio Procesi, Professore Emerito,
Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo
Membro dell'Accademia dei Lincei
Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia fax 0039-06-44701007 http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/
A me il punto pare molto semplice: se il PD, e in generale la cosiddetta sinistra, pensassero davvero che l'infrastruttura di conoscenza sia cruciale per la nazione, avrebbero potuto fare a meno di rendersi complici, quando non artefici, del suo smantellamento. Il resto è propaganda elettorale.
Cordialmente,
Maurizio Tirassa Università degli Studi di Torino
sottoscrivo lappello Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Luciano Modica" luciano.modica@alice.it To: undisclosed-recipients: Sent: Thursday, January 03, 2013 12:00 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] appello
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
_______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Caro Modica, aderisco molto volentieri all'appello.
Franco Gori Professore Ordinario Facoltà di Economia Università di Firenze
At 12:00 03/01/2013, you wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Caro Modica, e cari tutti, rimando la mia risposta perché stranamente la prima non è passata. Probabilmente era un atto d'accusa troppo pesante, derivato dalla amarezza e disullusione provata troppe volte nei confronti di chi, di solito in prossimità delle elezioni, propone certi appelli. Non riesco pertanto ad essere neutrale rispetto ad una lettera che viene da un membro del PD (almeno passato, non so se attuale), e che propone una lettera rivolta "alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico". che ha dimostrato (come partito, o se volete come classe dirigente) una assoluta sordità rispetto a questo tipo di appelli. Nel mio messaggio precedente ne facevo un lungo elenco. Qui menziono solo l'appoggio, a livello di commissione, della legge ex-Aprea sulla scuola superiore, che ricalca le orme della sciagurata legge cosiddetta Gelmini sull'Università.
Quindi l'appello, se lo si vuole fare, non va diretto ad un partito in particolare, ma a tutte le forze politiche, dicendo che non voteremo chi non si impegna a destinare le risorse non genericamnte alla crescita (che vuol dire solo alle industrie e a chi fa ricerca per loro) ma al sostegno dell'Università e della Scuola pubbliche, garantendone anzitutto il ricambio generazionale senza il quale moriranno. Le risorse ci sono, basta non dirottarle per esempio sugli armamenti di attacco, o in opere non solo assulutamente inutili, ma dannose dal punto di vista ambientale come la TAV, che alla fine non si farà come il ponte sullo stretto, ma che graverà sui bilanci dello stato negli anni a venire.
Alberto Girlando
On Thu, 2013-01-03 at 11:00 +0000, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Cari colleghi,
e` meglio non firmare appelli a partiti che non mantengono neppure le promesse fatte spontaneamente. E sono d'accordo a elencare, come promemoria, i principali disastri che la politica ha prodotto nell'universita` (blocco del ricambio dei docenti, definanziamento, destabilizzazione dovuta alle continue riforme peraltro mai fatte funzionare).
E` tanto piu` giusto elencare dei fatti oggettivi piuttosto che formulare richieste o minacce, se consideriamo la debolezza della nostra posizione. Intanto una parte del corpo accademico si adegua al peggio che i governi ci propinano, pur di continuare a gestire il proprio piccolo potere mafioso. E noi stessi, che discutiamo sinceramente e razionalmente di questo disastro, non sappiamo come reagire. Rifiutare un sistema corrotto e accondiscendente col potere politico e/o baronale, significa autoemarginarsi (e su questo personalmente ho fatto grandi progressi). Abbiamo minacciato ritorsioni al tempo della legge Gelmini, come le dimissioni da cariche istituzionali, ma troppo pochi hanno aderito. A me sembrava comunque una buona tattica di resistenza passiva (non collaborare col nemico), ma alla fine ho ceduto a quelli che mi chiedevano di "fare il mio dovere verso i poveri studenti". E ora sono presidente di CdS, in balia dei miei superiori accademici, del continuo balletto delle normative, e della mancanza di risorse (persone, aule, laboratori etc). L'unica consolazione e` che ora ho qualcosa da cui dimettermi, quando il nuovo governo comincera` a fare sul serio...
Buon anno a tutti
Maurizio
Sottoscrivo l'appello. Grazie e Buon Anno ! Giulio Maier
At 12:00 03/01/2013, you wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Giulio Maier Professor Emeritus of Structural Engineering Technical University (Politecnico) of Milan Department of Structural Engineering Piazza L. da Vinci, 32 20133 Milan (Italy) tel.: +39.02.2399.4221 fax: +39.02.2399.4220 e-mail: giulio.maier@polimi.it Web Pages: http://www.stru.polimi.ithttp://www.stru.polimi.it http://www.stru.polimi.it/IT/Personale.plp?showbook=completo&category=do... °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Caro Luciano,
Io sono favorevole ad aderire al tuo appello, pur condividendo i commenti di altri sulla lunghezza del testo ed il pessimismo di fondo sulla possibilita' di incidere in qualche modo sulle decisioni politiche.
Pero' mi chiedo: di cosa stiamo parlando? Il bando PRIN-2012 prevede una copertura finanziaria che e' il 22% di quello 2010-2011. Spero di aver preso io una svista, ma se e' questa la fiducia che il mondo politico dimostra nei confronti del mondo della ricerca, mi chiedo di nuovo: di cosa stiamo parlando? Ed anche: a chi stiamo parlando?
Un cordiale saluto, Stefano Borgani.
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica luciano.modica@alice.it wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
===================================================================== Prof. Stefano Borgani, Astronomy Unit, Dept. of Physics, University of Trieste Director - INAF - Astronomical Observatory of Trieste via Tiepolo 11, I-34143 Trieste, Italy Tel. +39-040-3199-240 (136); Fax. +39-040-3094-18; Cel. +39-347-598-1644 borgani@oats.inaf.it http://adlibitum.oats.inaf.it/borgani
Secretary: Simonetta Fabrizio & Gabriella SchiulazTel. +39-040-3199-241 ; Fax. +39-040-3094-18 segreteria@oats.inaf.it =====================================================================
Purtroppo i tuoi conti sono giusti. A proposito: ma che senso ha perdere un mese per fare domanda per il nuovo PRIN?
Laura Sacerdote
2013/1/4 Stefano Borgani borgani@oats.inaf.it
Caro Luciano,
Io sono favorevole ad aderire al tuo appello, pur condividendo i commenti di altri sulla lunghezza del testo ed il pessimismo di fondo sulla possibilita' di incidere in qualche modo sulle decisioni politiche.
Pero' mi chiedo: di cosa stiamo parlando? Il bando PRIN-2012 prevede una copertura finanziaria che e' il 22% di quello 2010-2011. Spero di aver preso io una svista, ma se e' questa la fiducia che il mondo politico dimostra nei confronti del mondo della ricerca, mi chiedo di nuovo: di cosa stiamo parlando? Ed anche: a chi stiamo parlando?
Un cordiale saluto, Stefano Borgani.
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica luciano.modica@alice.it wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un
appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche
dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la
peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica
autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del
centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto
piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli
che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo
avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca
e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori
intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non
possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie
impostazioni:
https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas
Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
===================================================================== Prof. Stefano Borgani, Astronomy Unit, Dept. of Physics, University of Trieste Director - INAF - Astronomical Observatory of Trieste via Tiepolo 11, I-34143 Trieste, Italy Tel. +39-040-3199-240 (136); Fax. +39-040-3094-18; Cel. +39-347-598-1644 borgani@oats.inaf.it http://adlibitum.oats.inaf.it/borgani
Secretary: Simonetta Fabrizio & Gabriella SchiulazTel. +39-040-3199-241 ; Fax. +39-040-3094-18 segreteria@oats.inaf.it =====================================================================
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Per chi fosse interessato, ho 'postato' su ROARS una proposta al riguardo il 31 dicembre:
http://www.roars.it/online/nuovi-bandi-prin-e-firb/
Purtroppo pare che pochi abbian realizzato che cosa significa questo vergognoso sottofinanziamento per molti laboratori universitari. Rino Esposito
On 04/01/2013 17.36, Laura Sacerdote wrote:
Purtroppo i tuoi conti sono giusti. A proposito: ma che senso ha perdere un mese per fare domanda per il nuovo PRIN?
Laura Sacerdote
2013/1/4 Stefano Borgani borgani@oats.inaf.it
Caro Luciano,
Io sono favorevole ad aderire al tuo appello, pur condividendo i commenti di altri sulla lunghezza del testo ed il pessimismo di fondo sulla possibilita' di incidere in qualche modo sulle decisioni politiche.
Pero' mi chiedo: di cosa stiamo parlando? Il bando PRIN-2012 prevede una copertura finanziaria che e' il 22% di quello 2010-2011. Spero di aver preso io una svista, ma se e' questa la fiducia che il mondo politico dimostra nei confronti del mondo della ricerca, mi chiedo di nuovo: di cosa stiamo parlando? Ed anche: a chi stiamo parlando?
Un cordiale saluto, Stefano Borgani.
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica luciano.modica@alice.it wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un
appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche
dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la
peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica
autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del
centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto
piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli
che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo
avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca
e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori
intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non
possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
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Secretary: Simonetta Fabrizio & Gabriella SchiulazTel. +39-040-3199-241 ; Fax. +39-040-3094-18 segreteria@oats.inaf.it =====================================================================
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Caro Modica molte delle considerazioni che hai fatto sono realistiche e condivisibili. Credo che non si possa ottenere molto più che un'accettazione di principio, concomitante con la campagna elettorale. Ancora nessuno, neanche il PD, ha detto esplicitamente se le strategie che prefigurano il futuro governo delle università saranno copia più o meno conforme di quanto abbiamo visto, e subito, finora. Ho la fondata impressione che sia comune a gran parte del mondo politico il disegno di affossare le piccole università e ridimensionare le grandi, sperando, nel contempo, in un'intervento dei privati per finanziare le cosiddette eccellenze (spesso auto-referenziali). Forse sono troppo pessimista. Comunque aderisco, sperando di trovare nelle forze di centro sinistra orecchie più attente che nel passato. Come dire, la speranza non costa niente. Camillo La Mesa Molti cordiali saluti a tutti per il nuovo anno.
Il giorno 03/gen/2013, alle ore 12.00, Luciano Modica ha scritto:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Caro Luciano, condivido e aderisco all'appello.
Luca Massacesi
On 03/01/2013 12:00, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
--
Caro Luciano, sottoscriverei senz'altro l'appello.
Cordiali saluti e un sereno 2013
Luciano Modica luciano.modica@alice.it ha scritto:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Luigi Badalucco Full Prof. in AgroChemistry Dip. Scienze Agrarie e Forestali Università di Palermo Viale delle Scienze, 13 - Edif. 4 90128 Palermo, Italy Voice: +39 091 23897052 Skipe: luigi.badalucco Fax: +39 091 484035 http://portale.unipa.it/sites/www/dipartimenti/saga/ ------------------------------------------------------------------------- This message was sent using the University of Palermo web mail interface.
Pur in attesa del nuovo testo sottoscrivo l'appello Carlo Di Castro Professor of Theoretical Physics (Emeritus) carlo.dicastro@roma1.infn.it Dipartimento di Fisica Università di Roma La Sapienza Piazzale Moro 00185 Roma Phone +39 06 49914290 mobile +39 3334964320
On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica wrote:
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Risottoscrivo l'appello visto che il mio nome manca nell'ultima versione. Margherita Hack,professoreemerito università diTrieste ----- Original Message -----
From: "Luciano Modica" luciano.modica@alice.it To: undisclosed-recipients: Sent: Thursday, January 03, 2013 12:00 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] appello
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
_______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Sottoscrivo l'appello
Paolo Lazzeretti Dipartimento di scienze chimiche e biologiche Università di Modena e Reggio Emilia
From: "Luciano Modica" luciano.modica@alice.it To: undisclosed-recipients: Sent: Thursday, January 03, 2013 12:00 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] appello
Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.
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Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
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