Vi segnalo due documenti interessanti. Un estratto dal discorso di commiato dell'ambasciatore Spogli, il testo integrale e' su http://blog.panorama.it/mondo/2009/02/05/il-saluto-allitalia-dellambasciator...
"..................... Formazione. Infine, un tema fondamentale, listruzione. Lho già accennato parlando di economia, ma permettetemi di aggiungere alcune considerazioni. Se cè un settore in Italia in cui la relazione tra limpegno e il suo riconoscimento è più debole, a me sembra che questo settore sia proprio listruzione superiore. Nei miei incontri con gli studenti ho percepito un profondo pessimismo sul futuro. Non sono sicuri che la laurea li aiuterà a trovare un buon lavoro e spesso ho avuto la sensazione che vedano il loro futuro non in Italia, ma altrove. Il vostro Paese può contare su giovani di grande talento. Perderli sarebbe un vero peccato.
Un fattore che limita loccupazione in Italia è la mancanza di forti legami tra il mondo accademico e quello dellimpresa. Ci sono ovviamente delle pregevoli eccezioni: durante la mia visita a Torino, per esempio, sono rimasto favorevolmente colpito dal successo della partnership tra il Politecnico e il centro di ricerca della General Motors. Dovrebbero esserci più esperienze di questo tipo. Si tratta di unarea in cui gli Stati Uniti hanno maturato dei punti di forza dai quali potrebbe valere la pena prendere spunto. Distretti come la Silicon Valley o la Route 128 a Boston sono famosi per i loro centri di ricerca che danno vita a migliaia di nuove imprese, che a loro volta offrono opportunità di lavoro ai giovani laureati.
Durante il mio mandato ho concentrato il mio impegno su un nuovo programma di scambio che permettesse ai giovani italiani di vivere una vera immersione nella cultura dimpresa americana. Il programma lo abbiamo chiamato Fulbright-BEST (Business Education and Student Training) e sono felice di aver riscontrato un grande sostegno da parte di importanti imprenditori italiani e di numerose regioni, come ad esempio la Toscana. Abbiamo lanciato il bando per la terza fase del programma, in cui manderemo oltre venti giovani nella Silicon Valley per tre mesi di studio sullimprenditorialità e poi tre mesi di lavoro in unazienda start-up.
Questo è stato il nostro contributo in questo campo. Ma cosa possono fare gli italiani per migliorare il loro sistema di istruzione? Vi esorto di nuovo a unirvi per raggiungere lobiettivo di portare il sistema universitario italiano agli standard mondiali più alti. È una tragedia nazionale, direi imbarazzante, che non ci sia una sola università italiana nei primi posti delle classifiche internazionali. Perchè, allora, non si scelgono tre università - una del Sud, una del Nord e una del Centro e gli si concedono uno status speciale e incentivi mirati? Si tratterebbe di sviluppare un programma per portare in dieci anni queste università ai primi posti delle graduatorie mondiali. Non sarebbe questo un obiettivo sul quale gli italiani possano convergere? Non potrebbe essere sostenuto da tutti i partiti, in un vero esempio di consenso nazionale?
In conclusione, vorrei ringraziarvi di nuovo per il vostro lavoro e la vostra collaborazione in questi quarantuno mesi. Tornerò in Italia e sarò felice di rivedervi e di osservare i progressi compiuti dallItalia nelle sfide che lattendono. Ora sono pronto a rispondere a qualche vostra domanda - se ne avete - per dimostrare ancora la mia politica diplomatica del coinvolgimento!"
Saluto dellAmbasciatore Ronald Spogli Villa Taverna, 5 febbraio 2009
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Di seguito una lettera di Giovanna Campani dell'Universita' di Firenze inviata ad ANDU. Ha il pregio di essere priva di ipocrisie di facciata.
"Cari colleghi, un commento brevissimo. Condivido al 100% quello che ha scritto Susan George. Le sue considerazioni sono quelle che faccio io ogni volta che rientro da periodi di soggiorno di studio e di lavoro non in Universita' prestigiose come Harvard, ma, per esempio, in Universita' canadesi, svedesi ed anche in Universita' spagnole, dove e' possibile lavorare a dei progetti culturali collettivi e non essere spettatori della difesa del proprio "particulare", della parrocchietta, del feudo di ogni professore. Dico questo, senza negare per nulla che nell'Universita' italiana esistano delle intelligenze individuali eccellenti. Ma l'istituzione -nel suo complesso- e', purtroppo, quello che ha detto l'ambasciatore statunitense Spogli, nel suo discorso di commiato all'Italia: ovvero una tragedia nazionale. Al collega Michele Maggi: se i professori universitari non hanno reagito alle campagne denigratorie, certamente indifferenziate, non e' forse perche' sono parte e in parte complici -non foss'altro per aver sempre taciuto- di un sistema corrotto indecente? Ma se in ogni concorso si sa gia' il vincitore! Non lo sappiamo da anni? Non lo sappiamo da anni quando ricevevamo quelle indecenti mail...vai a votare quello, quello quello, per formare le commissioni? Perche' non abbiamo mai detto niente? Quanti meritevoli abbiamo visto escludere per fare entrare il pupillo dell'ordinario, meno bravo, meno brillante...ed abbiamo taciuto? Ma se, nei concorsi, il merito e', al limite, uno dei criteri, ma nemmeno il prioritario, di solito, come raccontano tutti i giovani brillanti che sono dovuti andare all'estero a fare la loro carriera! Ma se davvero entrano i figli e le amanti (purtroppo!) (le amanti, gli amanti ancora no, per fortuna, perche' le donne hanno troppo poco potere nell'Universita')! Ma se i dottorandi sono ridotti spesso a portaborse, grazie a un sistema che non ha equivalente in nessun altro paese d'Europa! Ma se si inventano le piu' incredibili regole burocratiche perche' nei concosi locali non vi sia la peggiore cooptazione -abilitazioni nazionali, ecc...- Anche questo (pure l'ANDU mi sembra ha proposto un sistema infallibile per evitare la cooptazione locale): ma scusate un attimo...in molti paesi europei (la Svezia per esempio), i concorsi sono solo locali, eppure, chissa' perche', si sceglie il candidato in base al merito e/o al progetto culturale complessivo dell'Universita'. Non verrebbe nemmeno in testa al collega svedese di escludere il miglior concorrente per quel posto anche se c'e' il suo "pupillo", suo figlio o la sua amante che concorrono, perche' l'obiettivo per quel professore svedese e' un'Universita' di qualita', una buona offerta per gli studenti, avere un candidato che possa apportare qualcosa di importante, abbia un buon progetto, sia nelle reti internazionali, ottenga contratti di ricerca con le diverse fondazioni o istituzioni o la Commissione Europea...tutti criteri che non mi pare vadano per la maggiore in Italia, dove, prima di questi criteri (che magari un po' contano pure), ne vengono altri -e purtroppo anche alcuni che hanno piu' a che vedere col familismo amorale che con il destino futuro dell'Universita'. Puo' darsi che tutto questo degrado sia avvenuto perche' l'Universita' italiana e' sempre stata sottofinanziata e quindi i professori abbiano cercato di arraffare quello che potevano in un sistema senza risorse...Chissa': credo che varrebbe davvero la pena di fare una ricerca sugli universitari e sull'Universita'. Cercare di capire perche' le cose sono andate cosi'...Credo anzi, che questo andrebbe fatto al piu' presto... A proposito della ricerca, minacciata dalla aziendalizzazione, secondo Maggi: purtroppo o per fortuna, da anni ormai, almeno nelle mie materie, se si vuole fare un minimo di ricerca finanziata decentemente -potendo cioe' sostenere dei giovani ricercatori, fare lavoro di campo...ecc...(e se non si fa parte di clientele politiche), bisogna rivolgersi all'Europa...ai progetti europei...non sono certo i quattro soldi che da il MIUR che permettono di fare ricerca...E purtroppo o per fortuna, presentare progetti di ricerca richiede competenze tecniche a vari livelli, oltre che genialita'...Richiedere che i professori abbiano queste competenze tecniche (e linguistiche...ma si puo' davvero essere professore universitario oggi senza sapere un paio di lingue). E, sulla valutazione della ricerca, l'Europa ha stabilito tutta una serei di criteri che sono, a mio modesto parere, interessanti, e che potrebbero benissimo essere applicati anche in Italia, ma che i professori italiani (la maggior parte degli ordinari delle umanistiche non ha nemmeno un dottorato di ricerca) sembrano ignorare. Per concludere -o si parte dalle enormi responsabilita' dell'accademia italiana, o c'e' un impegno a finirla con la corruzione o sara' difficile reagire a qualsiasi attacco. Saluti Giovanna Campani Universita' di Firenze"
...discorso di commiato dell'ambasciatore Spogli...
"... Perchè, allora, non si scelgono tre università - una del Sud, una del Nord e una del Centro e gli si concedono uno status speciale e incentivi mirati? Si tratterebbe di sviluppare un programma per portare in dieci anni queste università ai primi posti delle graduatorie mondiali. Non sarebbe questo un obiettivo sul quale gli italiani possano convergere? Non potrebbe essere sostenuto da tutti i partiti, in un vero esempio di consenso nazionale?"
Sarò biecamente egoista e ciecamente indifferente al futuro benessere della nazione, ma... no grazie, neppure se fosse la mia università. Una cosa è differenziare gli atenei migliori dai peggiori, premiare i primi e non punire, ma incentivare al miglioramento i secondi, in ultimissima istanza chiudendo quelli irrecuperabili. Un'altra, tutta un'altra, creare tre pseudo-IIT abbandonando al suo destino il rimanente 97% del sistema accademico nazionale.
Diamine, ci gloriamo di essere una delle (sette? otto? venti? che differenza fa?) nazioni più ricche al mondo. Smettiamo di finanziare la corruzione, l'evasione fiscale, gli appalti truccati, la criminalità organizzata e così via, iniziamo a spendere con un po' di cervello, di decenza e di attenzione al bene pubblico, e verrà fuori che ci sono soldi per ben più che tre atenei.
- Maurizio Tirassa
Cari colleghi,
come preannunciato, e' disponibile sul sito di UNIRA, w3.disg.uniroma1.it/unira, la petizione "Per una riforma piu' seria" dove potete aderire, con una semplice procedura, al documento allegato in pdf. Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento. Potete scriverci direttamente oppure aggiungere i vostri commenti nell'area blog. L'obiettivo e' di inviare il documento al Ministro entro l'inizio della prossima settimana. Nel frattempo, contiamo di riuscire a pubblicare qualche versione giornalistica sui mezzi di stampa. Suggerimenti e collaborazioni sono graditi.
Cordiali saluti, Claudio Procesi Walter Lacarbonara
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Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
Sono sostanzialmente d'accordo con quanto osserva Maurizio.
Pur condividendo il documento nel suo complesso e che ho sottoscritto.
Saluti,
Mauro Beltrametti
On 01/giu/09, at 13:16, Maurizio Tirassa wrote:
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Prof. Mauro C. Beltrametti Dipartimento di Matematica Universita' di Genova Via Dodecaneso, 35 16146 Genova Italy beltrametti@dima.unige.it
Anch'io ho sottoscritto ma condivido le perplessita' LAura Sacerdote
Il giorno 1 giugno 2009 13.30, Mauro Beltrametti beltrametti@dima.unige.itha scritto:
Sono sostanzialmente d'accordo con quanto osserva Maurizio.
Pur condividendo il documento nel suo complesso e che ho sottoscritto.
Saluti,
Mauro Beltrametti
On 01/giu/09, at 13:16, Maurizio Tirassa wrote:
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
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A proposito dell'obbligare un inizio di carriera in altro ateneo. Mi piacerebbe assistere, da parte della lista, ad una più profonda riflessione sulla mobilità.
Personalmente credo che si dovrebbe in ogni caso favorire al massimo la mobilità dei docenti tra atenei sia per periodi lunghi che per periodi brevi.
Ricordiamoci che in questo momento noi ci auguriamo che gli atenei entrino in una sana competizione quanto prima, ma il transitorio verso questa situazione ottimale sarà lunga anche se una buona legge venisse approvata domani. Per questo la mobilità potrebbe essere un acceleratore non da poco.
Tra le tante ragioni ovvie per stimolare la mobilità voglio sottolineare che se la legge prevedesse la "proprietà" del budget al docente i rettori sarebbero anche molto piu' attenti ai singoli docenti.
Se io sono proprietario del mio budget posso trasferirmi in ogni momento in ogni ateneo disposto ad accogliermi ed il budget viene ereditato dall'ateneo in cui sono in servizio al momento del pensionamento. I rettori avrebbero una certa attenzione a non perdere docenti.
Questo accorgimento a costo zero potrebbe creare una sana competizione da subito tra gli atenei. Atenei particolarmente virtuosi potrebbero offrire condizioni di lavoro migliori ed attirare docenti con cui migliorare o mantenere l'offerta formativa.
Nel breve medio periodo sarebbe un vantaggio non da poco anche con le attuali ristrettezze economiche.
Peppe Saccomandi
At 16:20 +0200 01.06.2009, saccomandi@mec.dii.unipg.it wrote:
... Personalmente credo che si dovrebbe in ogni caso favorire al massimo la mobilità dei docenti tra atenei sia per periodi lunghi che per periodi brevi.
Però favorire e obbligare sono cose diverse. Inoltre, non è detto che il momento migliore, o l'unico, nel quale favorire la mobilità sia l'inizio carriera; anzi, per certi versi è il peggiore. Ad esempio quando dici
che se la legge prevedesse la "proprietà" del budget al docente i rettori sarebbero anche molto piu' attenti ai singoli docenti.
Questo vale in modo irrisorio per i giovani che hanno appena concluso un dottorato, che, quand'anche potessero essere titolari di progetti di ricerca in proprio, sarebbero comunque portatori di somme abbastanza basse o infime in quasi ogni settore scientifico che riesca a immaginare.
Non che quelli più vecchietti si portino dietro (sempre mediamente) chissà quali fondi...
- Maurizio Tirassa
Però favorire e obbligare sono cose diverse. Inoltre, non è detto che il momento migliore, o l'unico, nel quale favorire la mobilità sia l'inizio carriera; anzi, per certi versi è il peggiore. Ad esempio quando dici
Infatti bisogna non obbligare ma incentivare, facilitare e raccomandare. Per esempio valutando positivamente che i docenti di un ateneo abbiano passato periodi in altri atenei.
Non che quelli più vecchietti si portino dietro (sempre mediamente) chissà quali fondi...
Oggi un budget da ordinario è fondamentale per i bilanci di molti Atenei. Se un rettore vedesse tre o quattro ordinari in un anno trasferirsi starebbe molto attento nel prendere decisioni.
Peppe
Mi hanno detto che esiste già una norma (Zecchino??) che incentiva i trasferimenti da un Ateneo all'altro in termini di budget: cioè se io mi trasferisco da Firenze - che so- a CAtania, l'Università di Catania (non io) avrebbe riconosciuto il budget corrispondente (cioè la mia presenza) più un delta. In passato ho cercato notizie su questa norma ma non ho trovato un gran che e a questo punto non vorrei fosse una leggenda metropolitana. Mi pare però un'idea interessante: non tanto obbligare alla mobilità ma incentivarla. SAluti Alessio Papini
----- Messaggio da saccomandi@mec.dii.unipg.it --------- Data: Mon, 1 Jun 2009 16:20:42 +0200 (CEST) Da: saccomandi@mec.dii.unipg.it Rispondi-A:"Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Oggetto: Re: [Universitas_in_trasformazione] Petizione "Per una riforma piu' seria" A: Forum Università e Ricerca universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it
A proposito dell'obbligare un inizio di carriera in altro ateneo. Mi piacerebbe assistere, da parte della lista, ad una più profonda riflessione sulla mobilità.
Personalmente credo che si dovrebbe in ogni caso favorire al massimo la mobilità dei docenti tra atenei sia per periodi lunghi che per periodi brevi.
Ricordiamoci che in questo momento noi ci auguriamo che gli atenei entrino in una sana competizione quanto prima, ma il transitorio verso questa situazione ottimale sarà lunga anche se una buona legge venisse approvata domani. Per questo la mobilità potrebbe essere un acceleratore non da poco.
Tra le tante ragioni ovvie per stimolare la mobilità voglio sottolineare che se la legge prevedesse la "proprietà" del budget al docente i rettori sarebbero anche molto piu' attenti ai singoli docenti.
Se io sono proprietario del mio budget posso trasferirmi in ogni momento in ogni ateneo disposto ad accogliermi ed il budget viene ereditato dall'ateneo in cui sono in servizio al momento del pensionamento. I rettori avrebbero una certa attenzione a non perdere docenti.
Questo accorgimento a costo zero potrebbe creare una sana competizione da subito tra gli atenei. Atenei particolarmente virtuosi potrebbero offrire condizioni di lavoro migliori ed attirare docenti con cui migliorare o mantenere l'offerta formativa.
Nel breve medio periodo sarebbe un vantaggio non da poco anche con le attuali ristrettezze economiche.
Peppe Saccomandi _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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----- Fine del messaggio da saccomandi@mec.dii.unipg.it -----
E' una norma che di anno in anno viene reiterata (ora e' nota anche come Daddona). L'universita' chiamante deve avere certe caratteristiche virtuose (rapporto docenti / studenti, budget) e il chiamato non deve aver prestato servizio nella regione da almeno 10 anni. A quanto ne so il caso piu' comune di applicazione e' quello di ricercatori che tornano a casa dopo tre anni dalla vincita di un concorso fuori sede. La sede che aveva bandito perde parte del budget (almeno cosi avviene a Torino), e demotiva molto dal far vincere giovani di altra sede. Mi e' gia' successo due volte di faticare per avere un posto e perderlo dopo tre anni, anche se comprendo che i singoli sperino di tornare in sede, se non altro per il costo legato a stare in una diversa citta'. Altra controindicazione: annualmente la legge ha un budget. Se si effettua una chiamata e poi non bastano i fondi della Daddona l'universita' si ritrova il costo sul suo bilancio.
L'idea e' di per se' buona ma andrebbe migliorata.
Laura Sacerdote
Il giorno 1 giugno 2009 16.18, alessio.papini@unifi.it ha scritto:
Mi hanno detto che esiste già una norma (Zecchino??) che incentiva i trasferimenti da un Ateneo all'altro in termini di budget: cioè se io mi trasferisco da Firenze - che so- a CAtania, l'Università di Catania (non io) avrebbe riconosciuto il budget corrispondente (cioè la mia presenza) più un delta. In passato ho cercato notizie su questa norma ma non ho trovato un gran che e a questo punto non vorrei fosse una leggenda metropolitana. Mi pare però un'idea interessante: non tanto obbligare alla mobilità ma incentivarla. SAluti Alessio Papini
----- Messaggio da saccomandi@mec.dii.unipg.it --------- Data: Mon, 1 Jun 2009 16:20:42 +0200 (CEST) Da: saccomandi@mec.dii.unipg.it Rispondi-A:"Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Oggetto: Re: [Universitas_in_trasformazione] Petizione "Per una riforma piu' seria" A: Forum Università e Ricerca universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it
A proposito dell'obbligare un inizio di carriera in altro ateneo. Mi piacerebbe assistere, da parte della lista, ad una più profonda riflessione sulla mobilità.
Personalmente credo che si dovrebbe in ogni caso favorire al massimo la mobilità dei docenti tra atenei sia per periodi lunghi che per periodi brevi.
Ricordiamoci che in questo momento noi ci auguriamo che gli atenei entrino in una sana competizione quanto prima, ma il transitorio verso questa situazione ottimale sarà lunga anche se una buona legge venisse approvata domani. Per questo la mobilità potrebbe essere un acceleratore non da poco.
Tra le tante ragioni ovvie per stimolare la mobilità voglio sottolineare che se la legge prevedesse la "proprietà" del budget al docente i rettori sarebbero anche molto piu' attenti ai singoli docenti.
Se io sono proprietario del mio budget posso trasferirmi in ogni momento in ogni ateneo disposto ad accogliermi ed il budget viene ereditato dall'ateneo in cui sono in servizio al momento del pensionamento. I
rettori
avrebbero una certa attenzione a non perdere docenti.
Questo accorgimento a costo zero potrebbe creare una sana competizione da subito tra gli atenei. Atenei particolarmente virtuosi potrebbero offrire condizioni di lavoro migliori ed attirare docenti con cui migliorare o mantenere l'offerta formativa.
Nel breve medio periodo sarebbe un vantaggio non da poco anche con le attuali ristrettezze economiche.
Peppe Saccomandi _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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impostazioni:
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----- Fine del messaggio da saccomandi@mec.dii.unipg.it -----
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Scusate ma la Zecchino o come la chiamate non c'entra niente. Questa legge è stata pensata per il nostos del docente che è un altro scandalo italiano (leggere S. Raffaele l'università dei tre tradimenti laterza).
Io parlo di libera circolazione a costo zero. Ci si sposta con il proprio budget e basta come avviene in Francia. Se per esempio nella sede X esistono delle facilities di ricerca interessanti allora posso costruire un gruppo di ricerca molto più facilmente grazie a questo. Altra applicazione interessante un ordinario si pensiona posso usare i soldi residui per bandire un posto da ricercatore e coprire l'offerta didattica grazie ad un trasferimento a costo zero. Invece di obbligare la copertura con un ricercatore perchè non ho più tutto il budget. Insomma basta la fantasia.
Peppe
PS la legge (vedi articolo 4 del decreto FFO del 2008= non prevede che la sede che aveva bandito perde parte del budget. Prevede che se il trasferito non rimane in sede per almeno tre anni il contributo ministeriale ritorna al ministero. Dopo tre anni in ogni caso diventa parte del bilancio consolidato dell'ateneo che lo ha ricevuto. Torino non può derogare da questo caso.
Cari Claudio e Walter,
mi accingevo a sottoscrivere il documento da voi preparato, ma ho avuto problemi a identificare ove si trattasse la problematica della valutazione degli ordinari che entrino nelle commissioni di concorso. Ritengo che questo sia un cardine importante, molto importante: in mancanza di competenza scientifica significativa ed aggiornata accertata l'ordinario perderebbe gran parte del suo potere, perché non potrebbe candidarsi alle commissioni di concorso (con rif. all'ultima bozza del Decreto in parola).
Questa istanza da sola consentirebbe di mettere fuori gioco alcuni (molti?) degli attori che hanno appesantito l'Università negli ultimi lustri, nel senso di quello che abbiamo dibattuto in questo spazio in questi mesi.
Sembrerebbe che la cosa possa essere demandata all'ANVUR (in aggiunta alla valutazione dell'attività dei candidati). Di questo importante tassello non trovo contezza nel documento da sottoscrivere, ma sarei lieto di essere smentito.
Attendo delucidazioni e vi invio le mie migliori cordialità.
Gianpaolo Ruocco II fascia SSD ING-IND/10 gianpaolo.ruocco@unibas.it
-----Original Message----- From: universitas_in_trasformazione-bounces@mail.dm.unipi.it [mailto:universitas_in_trasformazione-bounces@mail.dm.unipi.it] On Behalf Of Walter Lacarbonara Sent: Monday, June 01, 2009 6:51 AM To: Forum "Università e Ricerca" Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] Petizione "Per una riforma piu' seria"
Cari colleghi,
come preannunciato, e' disponibile sul sito di UNIRA, w3.disg.uniroma1.it/unira, la petizione "Per una riforma piu' seria" dove potete aderire, con una semplice procedura, al documento allegato in pdf. Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento. Potete scriverci direttamente oppure aggiungere i vostri commenti nell'area blog. L'obiettivo e' di inviare il documento al Ministro entro l'inizio della prossima settimana. Nel frattempo, contiamo di riuscire a pubblicare qualche versione giornalistica sui mezzi di stampa. Suggerimenti e collaborazioni sono graditi.
Cordiali saluti,
Claudio Procesi Walter Lacarbonara
universitas_in_trasformazione@lists.dm.unipi.it