Sarà anche vero quello che scrive Modica ed avrà ragione lui e tutti quelli che sono d'accordo ma io non capisco bene cosa venga alle Università, agli studenti che le frequentano, ai genitori che pagano loro le tasse da, cito dal Corriere della Sera di oggi:"la laurea perderà peso nelle selezioni per la pubblica amministrazione... non ci saranno punti in più a seconda del tipo di laurea...nella graduatoria finale, quindi, peseranno di più le prove del concorso rispetto ai titoli di studio..". Verrebbe da dire: ed allora perchè perdere tempo a laurearsi? E' forse questo quello che si vuole? Può anche essere giusto, ma lo si dica chiaramente. Giovanni U. Floris
"Giovanni" == Giovanni Floris floris@unica.it writes:
Giovanni> Sarà anche vero quello che scrive Modica ed avrà ragione Giovanni> lui e tutti quelli che sono d'accordo ma io non capisco Giovanni> bene cosa venga alle Università, agli studenti che le Giovanni> frequentano, ai genitori che pagano loro le tasse da, Giovanni> cito dal Corriere della Sera di oggi:"la laurea perderà Giovanni> peso nelle selezioni per la pubblica Giovanni> amministrazione... non ci saranno punti in più a seconda Giovanni> del tipo di laurea...nella graduatoria finale, quindi, Giovanni> peseranno di più le prove del concorso rispetto ai Giovanni> titoli di studio..". Verrebbe da dire: ed allora perchè Giovanni> perdere tempo a laurearsi? E' forse questo quello che si Giovanni> vuole? Può anche essere giusto, ma lo si dica Giovanni> chiaramente. Giovanni U. Floris
Se la laurea vale per il pezzo di carta e non per quello che si e' imparato, e' giusto considerarla una perdita di tempo. Se una laurea al CEPU con lode vale piu' di una laurea ad una universita' di valore con 110, e' giusto cambiare il modo di valutarle.
Certamente se il pezzo di carta non ha piu' valore in graduatoria, gli studi universitari avranno solo il valore di quello che si apprende; ora una laurea fasulla costa piu' soldi (ma meno studio) di una vera, e vale uguale. Togliere il valore al pezzo di carta aiuta a ristabilire le giuste graduatorie, e costa caro alle false universita'. E se quegli studenti che all'universita' parcheggiano senza imparare non verranno piu', sara' solo un bene.
Ovviamente bisogna che i concorsi siano veramente fatti valutando il merito, ma la premessa, ossia poterlo fare legalmente, e' preliminare.
Carlo Traverso
Ci sono differenze enormi tra le Facoltà: nelle Facoltà scientifiche nascono ricercatori e insegnanti che si accreditano durante il corso; a giurisprudenza e altre professionali nascono i galoppini che si accreditano con il praticantato. Ma non troveremo mai il coraggio di separare le regole a seconda degli sbocchi.Il valore legale del titolo è una piccola cosa, al confronto. Carlp Bernardini PS Una vecchia indagine (Berlinguer) sulla qualificazione degli imprenditori che dovrebbero portare l'innovazione nel mercato mostrò che erano tutti analfabeti senza titoli di studio. Nessuno se ne occupa, possono buttare i loro soldi come gli pare, tanto investire si può fare con le transazioni finanziarie.
"Giovanni" == Giovanni Floris floris@unica.it writes:
Giovanni> Sarà anche vero quello che scrive Modica ed avrà ragione Giovanni> lui e tutti quelli che sono d'accordo ma io non capisco Giovanni> bene cosa venga alle Università, agli studenti che le Giovanni> frequentano, ai genitori che pagano loro le tasse da, Giovanni> cito dal Corriere della Sera di oggi:"la laurea perderà Giovanni> peso nelle selezioni per la pubblica Giovanni> amministrazione... non ci saranno punti in più a seconda Giovanni> del tipo di laurea...nella graduatoria finale, quindi, Giovanni> peseranno di più le prove del concorso rispetto ai Giovanni> titoli di studio..". Verrebbe da dire: ed allora perchè Giovanni> perdere tempo a laurearsi? E' forse questo quello che si Giovanni> vuole? Può anche essere giusto, ma lo si dica Giovanni> chiaramente. Giovanni U. Floris
Se la laurea vale per il pezzo di carta e non per quello che si e' imparato, e' giusto considerarla una perdita di tempo. Se una laurea al CEPU con lode vale piu' di una laurea ad una universita' di valore con 110, e' giusto cambiare il modo di valutarle.
Certamente se il pezzo di carta non ha piu' valore in graduatoria, gli studi universitari avranno solo il valore di quello che si apprende; ora una laurea fasulla costa piu' soldi (ma meno studio) di una vera, e vale uguale. Togliere il valore al pezzo di carta aiuta a ristabilire le giuste graduatorie, e costa caro alle false universita'. E se quegli studenti che all'universita' parcheggiano senza imparare non verranno piu', sara' solo un bene.
Ovviamente bisogna che i concorsi siano veramente fatti valutando il merito, ma la premessa, ossia poterlo fare legalmente, e' preliminare.
Carlo Traverso _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Cari tutti,
Il problema sollevato da Carlo Traverso è giusto, ma la causa non è, a mio avviso, il valore legale del titolo di studio ma piuttosto l'autorizzazione data a casaccio a chiunque voglia fondare una università privata, telematica o altro. Per queste università i criteri sono blandi e mancano verifiche sensate, a quanto mi consta, delle loro capacità di produrre studenti preparati. Talvolta anche il parere negativo del CUN non è stato neanche preso in considerazione (Adesso, pare, nel "decreto semplificazioni" stamattina in discussione al consiglio dei ministri dovrebbe esserci scritto che almeno le università telematiche verranno trattate diversamente).
Prima di togliere quindi il valore legale del titolo, che dovrebbe garantire il fatto che lo Stato si impegna affinché in tutte le sedi universitarie la preparazione sia equivalente per lauree equivalenti almeno dal punto di vista di un denominatore comune, sarebbe quindi opportuno che venissero ristabiliti criteri validi per la valutazione della preparazione dei laureati.
Qui nasce il vero problema. Nella vana ricerca di una chimerica "oggettività" si inventano paletti di ogni tipo in modo che le valutazioni possano essere il più automatiche possibile, imbrigliando qualunque capacità creativa e propositiva delle Università (in Francia, per esempio, almeno fino a qualche anno fa, i corsi degli ultimi anni cambiavano regolarmente in modo da garantire agli studenti un processo formativo sempre aggiornato verso le frontiere della ricerca e della conoscenza, in un processo virtuoso di aggiornamento dei corsi e delle competenze).
Stesso dicasi per le valutazioni verso le quali si va (vedi ANVUR) per le quali la logica è sempre quella di "oggettivizzare" tutto e trasformare la valutazione in un mero riempimento di caselle, con balzelli grotteschi come l'essere già meglio del 50% dei componenti della fascia docente alla quale si vuole accedere (sempre sulla base di numerologia acritica e definita a posteriori. Su questo ci sono disponibili in rete ampie argomentazioni, vedi per esempio su http://www.roars.it).
Io credo che il criterio vero sia la responsabilizzazione reale delle persone e delle strutture, con criteri definiti prima, ottenuta mettendo le persone e le strutture in grado di operare per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il tutto senza dimenticare che la ricerca avanza non solo quando è immediatamente riconducibile alla vendita di qualche prodotto e quindi monetizzabile nel brevissimo tempo ed evitando che la numerologia diventi, anche in questo caso, regina.
Cordialmente, Guido Mula
concordo pienamente con Guido.
Insomma è un po' come con le pensioni o il lavoro a tempo indeterminato. Sarebbero sacrosanti diritti, ma siccome non si riesce ad assicurarli a tutti (e non entriamo e merito del perchè, se no vien lunga), li trasformiamo in *privilegi* che vanno eliminati in nome di una **uguaglianza al ribasso**.
Sulle università, abbiamo (come stato italiano) aperto le porte a cani e porci, purchè ci fossero amici, e ora ci diciamo mah, cani e porci è meglio che non rilascino un titolo di studio che abbia un qualche valore. Ma di nuovo, invece di risolvere il problema specifico cercando di eliminare cani e porci o obbligandoli ad arrivare al livello di soglia, ci diciamo ben, siam tutti uguali (al ribasso) e nessuno può più rilasciare titoli di studio.
non mi sembra un bel gioco.
saluti anna
On Fri, 2012-01-27 at 11:13 +0100, Guido Mula wrote:
Cari tutti,
Il problema sollevato da Carlo Traverso è giusto, ma la causa non è, a mio avviso, il valore legale del titolo di studio ma piuttosto l'autorizzazione data a casaccio a chiunque voglia fondare una università privata, telematica o altro. Per queste università i criteri sono blandi e mancano verifiche sensate, a quanto mi consta, delle loro capacità di produrre studenti preparati. Talvolta anche il parere negativo del CUN non è stato neanche preso in considerazione (Adesso, pare, nel "decreto semplificazioni" stamattina in discussione al consiglio dei ministri dovrebbe esserci scritto che almeno le università telematiche verranno trattate diversamente).
Prima di togliere quindi il valore legale del titolo, che dovrebbe garantire il fatto che lo Stato si impegna affinché in tutte le sedi universitarie la preparazione sia equivalente per lauree equivalenti almeno dal punto di vista di un denominatore comune, sarebbe quindi opportuno che venissero ristabiliti criteri validi per la valutazione della preparazione dei laureati.
Qui nasce il vero problema. Nella vana ricerca di una chimerica "oggettività" si inventano paletti di ogni tipo in modo che le valutazioni possano essere il più automatiche possibile, imbrigliando qualunque capacità creativa e propositiva delle Università (in Francia, per esempio, almeno fino a qualche anno fa, i corsi degli ultimi anni cambiavano regolarmente in modo da garantire agli studenti un processo formativo sempre aggiornato verso le frontiere della ricerca e della conoscenza, in un processo virtuoso di aggiornamento dei corsi e delle competenze).
Stesso dicasi per le valutazioni verso le quali si va (vedi ANVUR) per le quali la logica è sempre quella di "oggettivizzare" tutto e trasformare la valutazione in un mero riempimento di caselle, con balzelli grotteschi come l'essere già meglio del 50% dei componenti della fascia docente alla quale si vuole accedere (sempre sulla base di numerologia acritica e definita a posteriori. Su questo ci sono disponibili in rete ampie argomentazioni, vedi per esempio su http://www.roars.it).
Io credo che il criterio vero sia la responsabilizzazione reale delle persone e delle strutture, con criteri definiti prima, ottenuta mettendo le persone e le strutture in grado di operare per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il tutto senza dimenticare che la ricerca avanza non solo quando è immediatamente riconducibile alla vendita di qualche prodotto e quindi monetizzabile nel brevissimo tempo ed evitando che la numerologia diventi, anche in questo caso, regina.
Cordialmente, Guido Mula
Cari colleghi,
Sono rimasto sinceramente molto colpito dal silenzio di questa lista sulle nuove regole dei Prin e Firb giovani. Siete tutti d¹accordo?
On Fri, 2012-01-27 at 12:03 +0100, P. Dimitri wrote:
Cari colleghi,
Sono rimasto sinceramente molto colpito dal silenzio di questa lista sulle nuove regole dei Prin e Firb giovani. Siete tutti d¹accordo? _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Gran parte della discussione si è spostata su facebook, sul gruppo ROARS
Alberto Girlando
Il 28/01/12 15.31, "Alberto Girlando" alberto.girlando@unipr.it ha scritto:
On Fri, 2012-01-27 at 12:03 +0100, P. Dimitri wrote:
Cari colleghi,
Sono rimasto sinceramente molto colpito dal silenzio di questa lista sulle nuove regole dei Prin e Firb giovani. Siete tutti d¹accordo? _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Alberto Girlando
Ti ringrazio dell'informazione, ma quelli che non sono iscritti a facebook che fanno? Mi sembra comunque la conferma del poco interesse per un argomento che invece è veramente molto serio. Devo dedurne che molti colleghi non disdegnano cordate e ammucchiate....
la discussione sui PRIN, compreso l'ormai famoso modello del PRIN-kakuro, è raggiungibile sul sito di ROARS (www.roars.it) piero lattanzi -------------------------------------------------- From: "P. Dimitri" liviapat@inwind.it Sent: Saturday, January 28, 2012 4:00 PM To: alberto.girlando@unipr.it; "Universitàe Ricerca Forum" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] silenzio su Prin
Il 28/01/12 15.31, "Alberto Girlando" alberto.girlando@unipr.it ha scritto:
On Fri, 2012-01-27 at 12:03 +0100, P. Dimitri wrote:
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Caro Lattanzi,
Conosco bene ROARS, ma non sapevo che avesse l'esclusiva della discussione su Prin e Firb.. E poi, scusami, anche il dibattito sul valore legale della laurea è presente su ROARS, ma ciò non impedisce che in questa lista se ne parli....
Patrizio Dimitri
Il 28/01/12 16.22, "Piero Lattanzi" lattanzp@unica.it ha scritto:
la discussione sui PRIN, compreso l'ormai famoso modello del PRIN-kakuro, è raggiungibile sul sito di ROARS (www.roars.it) piero lattanzi
From: "P. Dimitri" liviapat@inwind.it Sent: Saturday, January 28, 2012 4:00 PM To: alberto.girlando@unipr.it; "Universitàe Ricerca Forum" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] silenzio su Prin
Il 28/01/12 15.31, "Alberto Girlando" alberto.girlando@unipr.it ha scritto:
On Fri, 2012-01-27 at 12:03 +0100, P. Dimitri wrote:
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non intendevo certo dire quello....tra l'altro NON sono registrato su ROARS piero
-------------------------------------------------- From: "P. Dimitri" liviapat@inwind.it Sent: Saturday, January 28, 2012 5:32 PM To: "Universitàe Ricerca Forum" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] silenzio su Prin
Caro Lattanzi,
Conosco bene ROARS, ma non sapevo che avesse l'esclusiva della discussione su Prin e Firb.. E poi, scusami, anche il dibattito sul valore legale della laurea è presente su ROARS, ma ciò non impedisce che in questa lista se ne parli....
Patrizio Dimitri
Il 28/01/12 16.22, "Piero Lattanzi" lattanzp@unica.it ha scritto:
la discussione sui PRIN, compreso l'ormai famoso modello del PRIN-kakuro, è raggiungibile sul sito di ROARS (www.roars.it) piero lattanzi
From: "P. Dimitri" liviapat@inwind.it Sent: Saturday, January 28, 2012 4:00 PM To: alberto.girlando@unipr.it; "Universitàe Ricerca Forum" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] silenzio su Prin
Il 28/01/12 15.31, "Alberto Girlando" alberto.girlando@unipr.it ha scritto:
On Fri, 2012-01-27 at 12:03 +0100, P. Dimitri wrote:
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cmq in sintesi: il dibattito sul PRIN che c'è stato nella comunità della mineralogia ha reiterato ciò che è stato detto in questa lista il meccanismo è al di là del bene e del male, e NON garantisce la selezione dei progetti migliori (questo, va detto, è stato un po' il limite di TUTTI i bandi PRIN, per lo scarso controllo sul referaggio) quelli come me che sono stati abbastanza pazzi da proporsi come coordinatori nazionali hanno finora passato il tempo non a elaborare la struttura scientifica del progetto, ma a cercar di capire quale sarà la logica e la dinamica del processo di selezione locale e nazionale - molto corridoio e poca scienza secondo me questo bando era già stato preconfezionato dalla Gelmini (come l'orrido decreto sulle abilitazioni, giustamente ma inutilmente stroncato dal CUN), e conferma la sostanziale continuità politica di questo ministro con il precedente (come del resto c'era da aspettarsi, visto il pregresso di Profumo) che Dio ce la mandi buona Piero Lattanzi
-------------------------------------------------- From: "P. Dimitri" liviapat@inwind.it Sent: Saturday, January 28, 2012 5:32 PM To: "Universitàe Ricerca Forum" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] silenzio su Prin
Caro Lattanzi,
Conosco bene ROARS, ma non sapevo che avesse l'esclusiva della discussione su Prin e Firb.. E poi, scusami, anche il dibattito sul valore legale della laurea è presente su ROARS, ma ciò non impedisce che in questa lista se ne parli....
Patrizio Dimitri
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Il 28/01/12 15.31, "Alberto Girlando" alberto.girlando@unipr.it ha scritto:
On Fri, 2012-01-27 at 12:03 +0100, P. Dimitri wrote:
Cari colleghi,
Sono rimasto sinceramente molto colpito dal silenzio di questa lista sulle nuove regole dei Prin e Firb giovani. Siete tutti d¹accordo? _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Sono d'accordo con quanto ha scritto Carlo Traverso. Vorrei aggiungere qualcosa relativamente ai commenti successivi.
Il primo punto che vorrei sottolineare e' che e' semplicemnete al di fuori della possibilita' dello Stato assicurare l'equivalenza di lauree o peggio votazioni di laurea in sedi diverse e perfino in anni di conseguimento diversi, anche entro ampi margini. Non solo, se teniamo presente il progressivo livello di internazionalizzazione specie futura della nostra societa', in Europa e nel mondo, e' del tutto fuori luogo pensare che lo Stato possa garantire la c.d. equipollenza di titoli e voti italiani con quelli stranieri, per esempio della Mongolia oppure anche solo della Romania. Il vero e unico giudizio di valore su un titolo rilasciato lo potra' dare la vita reale, facendo un bilancio nei decenni successivi dei risultati di chi lo ha ottenuto rispetto ai risultati (redditi, risultati imprenditoriali o scientifici) di chi non ha il titolo in questione oppure ne ha uno di simile ma di altra universita' o Stato.
C'e' poi un secondo punto importante da tenere in considerazione, quali sono gli incentivi che vengono determinati dal valore legale del titolo di studio, anche solo nei concorsi e nelle carriere pubblici? Gli incentivi sono ovvi, la condotta ottimale in presenza di valore legale garantito dallo Stato, specie uno Stato inefficiente e spesso distorto da logiche di fazione come quello italiano, e' quella di puntare ad ottenere il "pezzo di carta" col minimo sforzo e la minima spesa, indipendentemente da ogni competenza utile acquisita. Se ci si pensa bene l'universita' del CEPU come anche le lauree facili garantite da Siena e Kore a dipendenti pubblici con sconti cospicui su corsi ed esami in cambio di attestazioni di anzianita' di servizio sono le risposte ovvie e scontate all'incentivo determinato dalle norme vigenti sul valore legale del titolo di studio. Se non c'e' valore legale ma le competenze devono essere appurate con prove competitive, questi incentivi a far male e al limite imbrogliare svaniscono.
Quando si legifera secondo me va posta estrema attenzione agl iincentivi determinati: anche per una questione di efficienza lo Stato semplicemente non puo' avere la capacita' di far rispettare norme corrette dal punto di vista ideale ma che mettono in moto incentivi distorti o scorretti.
Lo Stato dovrebbe secondo me limitarsi ad un compito molto piu' alla sua portata, cioe' quello di far rispettare dei livelli minimi alle sedi che rilasciano titoli, come avviene ovunque in Europa, senza pretendere di garantire equivalenza accurata specie dei voti, e poi anche documentare con studi statistici il valore medio acquisito con i titoli di studio nella vita reale, sia nel settore privato delle imprese sia nel settore della ricerca scientifica.
Cordialmente,
Io non credo che al momento attuale la questione del valore legale o meno sia poi prioritaria. Ben altri problemi affliggono l'Università, a cominciare dal sotto-finanziamento cronico, associato ad una over-legislazione e over-regolamentazione forsennata, con continui cambiamenti, di cui non si riesce a capire il disegno a lungo termine.
Il valore legale, al momento attuale non garantisce certamente l'equivalenza dei titoli conseguiti in tempi diversi o in una università diversa. Quello che dovrebbe garantire è un livello MINIMO di qualità per tutti. Il valore legale si esplica poi nei concorsi pubblici (il privato può fare quello che vuole). Dal momento che i concorsi pubblici in Italia sono quello che sono, dire che per un certo tipo di attività ci voglia una laurea di un certo tipo, non mi sembra una così insensata.
Bisognerebbe prima capire cosa i nostri grandi tecnici hanno in mente con l'abolizione del titolo, e quali benefici ne trarrebbe il cittadino (o se vogliamo, dato che è più importante, il "mercato").
Alberto Girlando
On Fri, 2012-01-27 at 20:12 +0100, Alberto Lusiani wrote:
Sono d'accordo con quanto ha scritto Carlo Traverso. Vorrei aggiungere qualcosa relativamente ai commenti successivi.
Il primo punto che vorrei sottolineare e' che e' semplicemnete al di fuori della possibilita' dello Stato assicurare l'equivalenza di lauree o peggio votazioni di laurea in sedi diverse e perfino in anni di conseguimento diversi, anche entro ampi margini. Non solo, se teniamo presente il progressivo livello di internazionalizzazione specie futura della nostra societa', in Europa e nel mondo, e' del tutto fuori luogo pensare che lo Stato possa garantire la c.d. equipollenza di titoli e voti italiani con quelli stranieri, per esempio della Mongolia oppure anche solo della Romania. Il vero e unico giudizio di valore su un titolo rilasciato lo potra' dare la vita reale, facendo un bilancio nei decenni successivi dei risultati di chi lo ha ottenuto rispetto ai risultati (redditi, risultati imprenditoriali o scientifici) di chi non ha il titolo in questione oppure ne ha uno di simile ma di altra universita' o Stato.
C'e' poi un secondo punto importante da tenere in considerazione, quali sono gli incentivi che vengono determinati dal valore legale del titolo di studio, anche solo nei concorsi e nelle carriere pubblici? Gli incentivi sono ovvi, la condotta ottimale in presenza di valore legale garantito dallo Stato, specie uno Stato inefficiente e spesso distorto da logiche di fazione come quello italiano, e' quella di puntare ad ottenere il "pezzo di carta" col minimo sforzo e la minima spesa, indipendentemente da ogni competenza utile acquisita. Se ci si pensa bene l'universita' del CEPU come anche le lauree facili garantite da Siena e Kore a dipendenti pubblici con sconti cospicui su corsi ed esami in cambio di attestazioni di anzianita' di servizio sono le risposte ovvie e scontate all'incentivo determinato dalle norme vigenti sul valore legale del titolo di studio. Se non c'e' valore legale ma le competenze devono essere appurate con prove competitive, questi incentivi a far male e al limite imbrogliare svaniscono.
Quando si legifera secondo me va posta estrema attenzione agl iincentivi determinati: anche per una questione di efficienza lo Stato semplicemente non puo' avere la capacita' di far rispettare norme corrette dal punto di vista ideale ma che mettono in moto incentivi distorti o scorretti.
Lo Stato dovrebbe secondo me limitarsi ad un compito molto piu' alla sua portata, cioe' quello di far rispettare dei livelli minimi alle sedi che rilasciano titoli, come avviene ovunque in Europa, senza pretendere di garantire equivalenza accurata specie dei voti, e poi anche documentare con studi statistici il valore medio acquisito con i titoli di studio nella vita reale, sia nel settore privato delle imprese sia nel settore della ricerca scientifica.
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