Scrive Procesi:
Vorrei tornare ora sulla mia proposta delle due carriere, premetto che neppure a me piace molto ma non trovo altra soluzione ad un problema che a mio avviso DEVE essere risolto. Se avete una soluzione migliore tanto meglio.
Penso che si possa ottenere lo stesso scopo anche senza separare le carriere. Un meccanismo che funziona in molti paesi e' il seguente:
a) le universita' assumono tutti i docenti con un contratto che prevede piu' didattica di quella si fa attualmente in media in Italia (e sottolineo IN MEDIA, perche' ci sono gia' persone che insegnano moltissimo);
b) la ricerca viene finanziata mediante grant individuali, che permettono, tra le altre cose, di ridurre il proprio carico didattico.
Questi grant dovrebbero avere una durata limitata (dai due ai cinque anni?) e l'assegnazione dovrebbe essere basata sulla valutazione di un progetto di ricerca e del cv da parte di peer reviewers internazionali. I fondi dovrebbero permettere di finanziare una percentuale significativa dei docenti (ad esempio, almeno il 20%). Cosi' chi fa ricerca ad un livello altissimo avrebbe sempre un carico didattico limitato, mentre chi la fa ad un livello medio-alto passerebbe da un regime all'altro piu' volte nel corso della propria carriera. Vedo piu' difficili passaggi di questo tipo nel caso di carriere separate.
Vorrei mettere in chiaro che NON auspico che vi sia una valutazione apposita per decidere quanto ciascuno debba insegnare. Di valutazioni ce ne sono gia' troppe. Quanto si insegna dovrebbe essere una naturale conseguenza dell'avere o meno ottenuto un grant che finanzia la ricerca in molti altri modi (assumere post doc, laboratori, ecc.).
In un altro mail ho scritto dei vantaggi di mettere al centro della valutazione della ricerca l'assegnazione di grant individuali (o grant a piccoli gruppi di docenti che lavorano effettivamente ad uno stesso progetto), invece che tentare di valutare interi dipartimenti. Non ho idea di quanto un modello di questo tipo sia applicabile al di fuori delle discipline scientifiche.
Alberto Abbondandolo
Dipartimento di Matematica Universita' di Pisa Largo Bruno Pontecorvo 5 56127 Pisa, Italy e-mail: abbondandolo@dm.unipi.it web page: http://www.dm.unipi.it/~abbondandolo/ office: 401 phone: **39 050 2213242 fax: **39 050 2213224
Conosci un posto in cui usano questo sistema a) e b) che tu proponi? In USA ovviamente c'e' un sistema molto flessibile e tutto avviene all'interno del sistema stesso che e` molto diverso dal nostro. In Francia vi e` l'Institut Universitaire de France che fa in un certo senso quello che tu dici dando dei grants che permettono di lavorare a mezzo tempo, ma sono situazioni super eccezionali solo per pochissimi (forse 1% non il 20%) e per tempi assai limitati, non risolvono il nostro problema. Voi sapete benissimo che in Italia, anche se c'e` gente che fa vergognosamente poco poi le facolta` aprono le supplenze e trovano qualche precario sottopagato a riempire buchi che sarebbe DOVEROSO riempire con il proprio personale. Qualunque sia la soluzione deve essere pratica e forte. La tua andrebbe bene ma ho un certo timore che sia piu` facile utilizzarla male. Comunque sono solo impressioni.
Naturalmente in un eventuale documento si potrebbero mettere semplicemente le due opzioni all'attenzione della politica. Tanto loro fanno quello che gli pare.
On Dec 14, 2008, at 12:57 PM, Alberto Abbondandolo wrote:
Scrive Procesi:
Vorrei tornare ora sulla mia proposta delle due carriere, premetto che neppure a me piace molto ma non trovo altra soluzione ad un problema che a mio avviso DEVE essere risolto. Se avete una soluzione migliore tanto meglio.
Penso che si possa ottenere lo stesso scopo anche senza separare le carriere. Un meccanismo che funziona in molti paesi e' il seguente:
a) le universita' assumono tutti i docenti con un contratto che prevede piu' didattica di quella si fa attualmente in media in Italia (e sottolineo IN MEDIA, perche' ci sono gia' persone che insegnano moltissimo);
b) la ricerca viene finanziata mediante grant individuali, che permettono, tra le altre cose, di ridurre il proprio carico didattico.
Questi grant dovrebbero avere una durata limitata (dai due ai cinque anni?) e l'assegnazione dovrebbe essere basata sulla valutazione di un progetto di ricerca e del cv da parte di peer reviewers internazionali. I fondi dovrebbero permettere di finanziare una percentuale significativa dei docenti (ad esempio, almeno il 20%). Cosi' chi fa ricerca ad un livello altissimo avrebbe sempre un carico didattico limitato, mentre chi la fa ad un livello medio-alto passerebbe da un regime all'altro piu' volte nel corso della propria carriera. Vedo piu' difficili passaggi di questo tipo nel caso di carriere separate.
Vorrei mettere in chiaro che NON auspico che vi sia una valutazione apposita per decidere quanto ciascuno debba insegnare. Di valutazioni ce ne sono gia' troppe. Quanto si insegna dovrebbe essere una naturale conseguenza dell'avere o meno ottenuto un grant che finanzia la ricerca in molti altri modi (assumere post doc, laboratori, ecc.).
In un altro mail ho scritto dei vantaggi di mettere al centro della valutazione della ricerca l'assegnazione di grant individuali (o grant a piccoli gruppi di docenti che lavorano effettivamente ad uno stesso progetto), invece che tentare di valutare interi dipartimenti. Non ho idea di quanto un modello di questo tipo sia applicabile al di fuori delle discipline scientifiche.
Alberto Abbondandolo
Dipartimento di Matematica Universita' di Pisa Largo Bruno Pontecorvo 5 56127 Pisa, Italy e-mail: abbondandolo@dm.unipi.it web page: http://www.dm.unipi.it/~abbondandolo/ office: 401 phone: **39 050 2213242 fax: **39 050 2213224
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Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni: http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
Prof. Claudio Procesi, Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia
tel. 0039-06-49913212, fax 0039-06-44701007 http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/
Caro Procesi,
hai ragione, anch'io avevo in mente essenzialmente la Francia (il periodo di didattica ridotta e' di 5 anni, quindi non limitatissimo, ma so se sia rinnovabile e comunque riguarda pochissimi) e gli Stati Uniti (per mille ragioni un modello difficilmente applicabile all'Italia). Pero' non conosco nemmeno paesi dove i docenti universitari di ruolo vengono divisi in "ricercatori" ed "insegnanti" per contratto. In genere tutti sono obbligati ad insegnare e con vari meccanismi si cerca di garantire a chi eccelle nella ricerca un carico didattico ridotto.
I rischi che vedo in un sistema con un contratto di "ricerca" ed uno di "didattica" (Proposta Giacometti 1) sono: 1) difficilmente si passerebbe da un regime all'altro: chi viene assunto con un "contratto di ricerca" ed ad un certo punto smette di fare ricerca ad alto livello (o smette di fare ricerca tout court) difficilmente verra' costretto a passare all'atro contratto; 2) per ovviare al punto 1) ecco che si moltiplicano i momenti di valutazione; 3) ogni dipartimento tendera' ad avere la stessa percentuale di "ricercatori", con la facile previsione che i migliori "didattici" nei migliori dipartimenti faranno una ricerca migliore di molti "ricercatori" dei dipartimenti scadenti; 4) mi sembra che diversificare i contratti moltiplichi inutilmente le figure professionali, e vada in direzione contraria alla riduzione a due sole fascie che in molti auspichiamo; 5) qual e' l'incentivo di un universita' ad assumere "ricercatori", o anche "didattici" che fanno una buona ricerca e che nel giro di un paio d'anni potrebbero aver diritto al contratto di ricerca e dimezzare la didattica?
Collegare la riduzione della didattica all'assegnazione di grant individuali gia' finalizzati ad altro (e pagati da altri) mi sembra presenti meno problemi di questo tipo. Pero' anche le mie sono soltanto impressioni, e basate sicuramente su un'esperienza molto inferiore alla tua.
Alberto Abbondandolo
Scrive Procesi:
Conosci un posto in cui usano questo sistema a) e b) che tu proponi? In USA ovviamente c'e' un sistema molto flessibile e tutto avviene all'interno del sistema stesso che e` molto diverso dal nostro. In Francia vi e` l'Institut Universitaire de France che fa in un certo senso quello che tu dici dando dei grants che permettono di lavorare a mezzo tempo, ma sono situazioni super eccezionali solo per pochissimi (forse 1% non il 20%) e per tempi assai limitati, non risolvono il nostro problema. Voi sapete benissimo che in Italia, anche se c'e` gente che fa vergognosamente poco poi le facolta` aprono le supplenze e trovano qualche precario sottopagato a riempire buchi che sarebbe DOVEROSO riempire con il proprio personale. Qualunque sia la soluzione deve essere pratica e forte. La tua andrebbe bene ma ho un certo timore che sia piu` facile utilizzarla male. Comunque sono solo impressioni.
Naturalmente in un eventuale documento si potrebbero mettere semplicemente le due opzioni all'attenzione della politica. Tanto loro fanno quello che gli pare.
Scrive Abbondandolo: Penso che si possa ottenere lo stesso scopo anche senza separare le carriere. Un meccanismo che funziona in molti paesi e' il seguente:
a) le universita' assumono tutti i docenti con un contratto che prevede piu' didattica di quella si fa attualmente in media in Italia (e sottolineo IN MEDIA, perche' ci sono gia' persone che insegnano moltissimo);
b) la ricerca viene finanziata mediante grant individuali, che permettono, tra le altre cose, di ridurre il proprio carico didattico.
Questi grant dovrebbero avere una durata limitata (dai due ai cinque anni?) e l'assegnazione dovrebbe essere basata sulla valutazione di un progetto di ricerca e del cv da parte di peer reviewers internazionali. I fondi dovrebbero permettere di finanziare una percentuale significativa dei docenti (ad esempio, almeno il 20%). Cosi' chi fa ricerca ad un livello altissimo avrebbe sempre un carico didattico limitato, mentre chi la fa ad un livello medio-alto passerebbe da un regime all'altro piu' volte nel corso della propria carriera. Vedo piu' difficili passaggi di questo tipo nel caso di carriere separate.
Vorrei mettere in chiaro che NON auspico che vi sia una valutazione apposita per decidere quanto ciascuno debba insegnare. Di valutazioni ce ne sono gia' troppe. Quanto si insegna dovrebbe essere una naturale conseguenza dell'avere o meno ottenuto un grant che finanzia la ricerca in molti altri modi (assumere post doc, laboratori, ecc.).
In un altro mail ho scritto dei vantaggi di mettere al centro della valutazione della ricerca l'assegnazione di grant individuali (o grant a piccoli gruppi di docenti che lavorano effettivamente ad uno stesso progetto), invece che tentare di valutare interi dipartimenti. Non ho idea di quanto un modello di questo tipo sia applicabile al di fuori delle discipline scientifiche.
Alberto Abbondandolo
Dipartimento di Matematica Universita' di Pisa Largo Bruno Pontecorvo 5 56127 Pisa, Italy e-mail: abbondandolo@dm.unipi.it web page: http://www.dm.unipi.it/~abbondandolo/ office: 401 phone: **39 050 2213242 fax: **39 050 2213224
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