Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Credo anch'io che sia irrealistico in un paese come l'Italia pensare a continui trasferimenti. Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Guido Rossi" guirossi@unina.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, June 03, 2009 7:07 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
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Sono d'accordo con Margherita Hach. Non è possibile pensare ad un pendolarismo forzato con i "lacunosi" servizi che attualmente abbiamo in Italia. (abitazioni in fitto,traslochi, trasferimenti di scuola per figli..etc..etc). In più potrebbe, al limite, essere accettabile l'andare fuori sede quando si occupa un livello più alto di carriera, in quanto ci si può difendere meglio da eventuali "gelosie" ed "isolamenti" da parte di colleghi e capi della sede ospitante che magari avrebbero collaborato meglio con un "nativo". Un caro saluto Carlo Franchini
Cari colleghi,
vorrei sollecitarvi a dare le adesioni al documento su w3.disg.uniroma1.it/unira per dare un senso compiuto ad un percorso iniziato nell'autunno dello scorso anno.
La questione della mobilita', che ha tanto appassionato il dibattito, non e' l'aspetto prevalente del problema della riorganizzazione dell'universita'. Da piu' parti si e' detto, e percio' raccolto nel documento, che occorre rompere il meccanismo delle file dei giovani che assecondano i 'maestri' in attesa del loro turno. Sono certo che non sfuggira' ai piu' che se non si creano delle (piccole) discontinuita', non c'e' spazio di riforma. Il senso piu' ampio della nostra azione e' spostare sui dipartimenti le prerogative del reclutamento del personale sottraendole agli estenuanti (anacronisitici, dispendiosi e degni della peggiore cultura del nostro paese) giochi di equilibri nazionali dei settori scientifico-disciplinari. Pauca....
Walter Lacarbonara Universita' di Roma La Sapienza
aderisco al documento anche se non necessariamente ne condivido ogni singolo punto ne condivido però l'approccio strategico generale ed il processo metodologico piero lattanzi
-------------------------------------------------- From: "Walter Lacarbonara" walter.lacarbonara@uniroma1.it Sent: Friday, June 05, 2009 5:38 PM To: "'Forum Universitàe Ricerca'" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] R: Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Cari colleghi,
vorrei sollecitarvi a dare le adesioni al documento su w3.disg.uniroma1.it/unira per dare un senso compiuto ad un percorso iniziato nell'autunno dello scorso anno.
La questione della mobilita', che ha tanto appassionato il dibattito, non e' l'aspetto prevalente del problema della riorganizzazione dell'universita'. Da piu' parti si e' detto, e percio' raccolto nel documento, che occorre rompere il meccanismo delle file dei giovani che assecondano i 'maestri' in attesa del loro turno. Sono certo che non sfuggira' ai piu' che se non si creano delle (piccole) discontinuita', non c'e' spazio di riforma. Il senso piu' ampio della nostra azione e' spostare sui dipartimenti le prerogative del reclutamento del personale sottraendole agli estenuanti (anacronisitici, dispendiosi e degni della peggiore cultura del nostro paese) giochi di equilibri nazionali dei settori scientifico-disciplinari. Pauca....
Walter Lacarbonara Universita' di Roma La Sapienza
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Nessun virus nel messaggio in arrivo. Controllato da AVG - www.avg.com Versione: 8.5.339 / Database dei virus: 270.12.53/2155 - Data di rilascio: 06/04/09 17:55:00
Grazie, ho aderito alla petizione. Giancarlo Rossi
Cari colleghi,
vorrei sollecitarvi a dare le adesioni al documento su w3.disg.uniroma1.it/unira per dare un senso compiuto ad un percorso iniziato nell'autunno dello scorso anno.
La questione della mobilita', che ha tanto appassionato il dibattito, non e' l'aspetto prevalente del problema della riorganizzazione dell'universita'. Da piu' parti si e' detto, e percio' raccolto nel documento, che occorre rompere il meccanismo delle file dei giovani che assecondano i 'maestri' in attesa del loro turno. Sono certo che non sfuggira' ai piu' che se non si creano delle (piccole) discontinuita', non c'e' spazio di riforma. Il senso piu' ampio della nostra azione e' spostare sui dipartimenti le prerogative del reclutamento del personale sottraendole agli estenuanti (anacronisitici, dispendiosi e degni della peggiore cultura del nostro paese) giochi di equilibri nazionali dei settori scientifico-disciplinari. Pauca....
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Aderisco al documento. Francesco.trabucco@polimi.it Inviato dal dispositivo wireless BlackBerry®
-----Original Message----- From: Walter Lacarbonara walter.lacarbonara@uniroma1.it
Date: Fri, 05 Jun 2009 08:38:16 To: 'Forumuniversitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] R: Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Cari colleghi,
vorrei sollecitarvi a dare le adesioni al documento su w3.disg.uniroma1.it/unira per dare un senso compiuto ad un percorso iniziato nell'autunno dello scorso anno.
La questione della mobilita', che ha tanto appassionato il dibattito, non e' l'aspetto prevalente del problema della riorganizzazione dell'universita'. Da piu' parti si e' detto, e percio' raccolto nel documento, che occorre rompere il meccanismo delle file dei giovani che assecondano i 'maestri' in attesa del loro turno. Sono certo che non sfuggira' ai piu' che se non si creano delle (piccole) discontinuita', non c'e' spazio di riforma. Il senso piu' ampio della nostra azione e' spostare sui dipartimenti le prerogative del reclutamento del personale sottraendole agli estenuanti (anacronisitici, dispendiosi e degni della peggiore cultura del nostro paese) giochi di equilibri nazionali dei settori scientifico-disciplinari. Pauca....
Walter Lacarbonara Universita' di Roma La Sapienza
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Aderisco al documento Giuseppe Saccomandi
Cari colleghi,
vorrei sollecitarvi a dare le adesioni al documento su w3.disg.uniroma1.it/unira per dare un senso compiuto ad un percorso iniziato nell'autunno dello scorso anno.
La questione della mobilita', che ha tanto appassionato il dibattito, non e' l'aspetto prevalente del problema della riorganizzazione dell'universita'. Da piu' parti si e' detto, e percio' raccolto nel documento, che occorre rompere il meccanismo delle file dei giovani che assecondano i 'maestri' in attesa del loro turno. Sono certo che non sfuggira' ai piu' che se non si creano delle (piccole) discontinuita', non c'e' spazio di riforma. Il senso piu' ampio della nostra azione e' spostare sui dipartimenti le prerogative del reclutamento del personale sottraendole agli estenuanti (anacronisitici, dispendiosi e degni della peggiore cultura del nostro paese) giochi di equilibri nazionali dei settori scientifico-disciplinari. Pauca....
Walter Lacarbonara Universita' di Roma La Sapienza
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Parlare di mobilità dei ricercatori in un paese come l'Italia è un discorso da libro dei sogni. Non solo ci vorrebbero retribuzioni più alte ma anche facilità di trovare alloggi a prezzi sostenibili e in particolare essere single, oppure. come consiglia il Cavaliere sposare uno o una ricca. Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Guido Rossi" guirossi@unina.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, June 03, 2009 7:07 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Infatti generalmente chi si presenta ad un concorso ha già un'età in cui con molte probabilità è già in coppia e spesso già "figliato". Per i colleghi del "sesso forte" è forse più facile lasciare la famiglia per andare in trasferta qualche giorno a settimana. Lo spostamento è quello che è successo a me perché mi sono presentata a caso nel primo concorso e ho deciso dopo poco di spostarmi nella sede dove lavoro con i figli lasciando al marito la vita da pendolare, ma potete immaginare cosa vuole dire per una coppia con figli avere due case, bollette moltiplicate per due, spese di viaggio, ecc. Anche per chi si è sposato con qualcuno che non è ricercatore è semplicemente una pazzia, con due stipendi di ricercatori non si può neanche sognare. Annick ----- Message de margherita.hack@libero.it --------- Date : Thu, 4 Jun 2009 16:59:43 +0200 De : Margherita Hack margherita.hack@libero.it Répondre à : "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Objet : Re: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria" À : "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it
Parlare di mobilità dei ricercatori in un paese come l'Italia è un discorso da libro dei sogni. Non solo ci vorrebbero retribuzioni più alte ma anche facilità di trovare alloggi a prezzi sostenibili e in particolare essere single, oppure. come consiglia il Cavaliere sposare uno o una ricca. Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Guido Rossi" guirossi@unina.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, June 03, 2009 7:07 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
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----- Fin du message de margherita.hack@libero.it -----
ohimè conosco bene il problema (faccio il pendolare da 15 anni....) lo sconsiglio vivamente a chiunque PL
-------------------------------------------------- From: annick.farina@unifi.it Sent: Thursday, June 04, 2009 5:15 PM To: universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per unariformapiu'seria"> Infatti generalmente chi si presenta ad un concorso ha già un'età in
cui con molte probabilità è già in coppia e spesso già "figliato". Per i colleghi del "sesso forte" è forse più facile lasciare la famiglia per andare in trasferta qualche giorno a settimana. Lo spostamento è quello che è successo a me perché mi sono presentata a caso nel primo concorso e ho deciso dopo poco di spostarmi nella sede dove lavoro con i figli lasciando al marito la vita da pendolare, ma potete immaginare cosa vuole dire per una coppia con figli avere due case, bollette moltiplicate per due, spese di viaggio, ecc. Anche per chi si è sposato con qualcuno che non è ricercatore è semplicemente una pazzia, con due stipendi di ricercatori non si può neanche sognare. Annick ----- Message de margherita.hack@libero.it --------- Date : Thu, 4 Jun 2009 16:59:43 +0200 De : Margherita Hack margherita.hack@libero.it Répondre à : "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Objet : Re: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria" À : "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it
Parlare di mobilità dei ricercatori in un paese come l'Italia è un discorso da libro dei sogni. Non solo ci vorrebbero retribuzioni più alte ma anche facilità di trovare alloggi a prezzi sostenibili e in particolare essere single, oppure. come consiglia il Cavaliere sposare uno o una ricca. Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Guido Rossi" guirossi@unina.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, June 03, 2009 7:07 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
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Scusate se insisto.
Per prima cosa esiste un libro la cui prima edizione è del 1994 chiamato l'Università dei Tre Tradimenti di De Simone dove viene descritto benissimo il fenomeno del pendolarismo tra atenei ed il nostos del docente universitario.
Avendo insegnato per 8 anni a Lecce dove mi sono trasferito con tutta la famiglia (moglie e figli) vi posso assicurare che la gente che pendola per centinaia di Km è la regola. Quindi non vedo dove sarebbero i problemi. Non solo quelli che pendolano da Bari (160km) ma anche dalla Padania. La nostra facoltà subiva il pendolarismo (un altro degli scandali italiani) dove docenti arrivano il martedi sera per ripartire il giovedi mattina una settimana si ed una no quando ci sono le lezioni e scomparire i rimanenti mesi.
Secondo io vorrei solo che fosse possibile essere proprietari del proprio budget e se uno vuole trasferirsi poterlo fare. Non vorrei obbligare nessuno.
Questo accorgimento a costo zero che potrebbe divenire da subito legge senza nessuna grande filosofia o riforma potrebbe mettere un minimo in competizione gli atenei, permetterebbe a studiosi di fama di chiamare persone che sono in giro a fare cluster di ricerca interessanti e permette al singolo docente di poter minacciare di andarsene quando l'aria diventa insostenibile.
Ci sono tanti bravi che confinati in sede periferiche alla fine hanno preferito, anche se passati ordinari, andarsene all'estero, magari se si potevano trasferire in Italia con facilità sarebbero rimasti.
Certamente questo accorgimento permette anche di realizzare il nostos a tante mediocrità, ma anche questo è un bene perché scoprirebbe in modo definitive le sedi marginali dal punto di vista numerico.
Se un ateneo non fosse stupido può studiare mille modi per incentivare i trasferimenti e usare questa libertà per migliorarsi. Per esempio molti atenei sono proprietari di immobili e non sanno che farsene. Quindi un incentivo potrebbe essere dare affitti a prezzi calmierati.
A differenza di tanti discorsi che sono dei sogni questa norma è concreta e semplice. Magari non è importante, ma lavorare su cose di questo tipo è l'unica vera arma che abbiamo.
Riscrivere le grandi riforme secondo mia modesta opinione non è per noi.
Peppe
Parlare di mobilità dei ricercatori in un paese come l'Italia è un discorso da libro dei sogni. Non solo ci vorrebbero retribuzioni più alte ma anche facilità di trovare alloggi a prezzi sostenibili e in particolare essere single, oppure. come consiglia il Cavaliere sposare uno o una ricca. Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Guido Rossi" guirossi@unina.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, June 03, 2009 7:07 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
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Se non erro in Francia c'era e forse c'è ancora una legge che voleva che chi avendo vinto un concorso pubblico dovesse spostarsi dalla propria residenza (certo soltanto nel caso fosse sposato - o pacsato -) aveva il viaggio pagato per tornare a casa ogni settimana. Qui e solo per tre anni ho potuto soltanto togliere una cosa tipo 300 euro dalle tasse perché dovevo affittare una casa per via del lavoro. Un'altra cosa certo molti sono già pendolari in Italia ma soltanto italiani sono pronti ad avere questo genere di vita, e forse bisognerebbe vedere quante docenti del "sesso debole" con vita da pendolare hanno avuto figli, e quante ci hanno rinunciato. Visto le scarse possibilità di ottenere un posto nei nidi italiani, rimane soltanto la possibilità di lasciare i figli ai nonni, sempre che ce ne siano vicini, e certo non è l'ideale né per chi ha scelto di avere dei figli né per chi avrebbe voluto crescerli. L'ultima è la questione dei due giorni. Mi sono spostata a Firenze proprio perché non mi è stata concessa la possibilità di fare 2 giorni e farne tre diventava troppo difficile con i miei figli che avevano allora 3 e 4 anni ... La decisione dei miei superiori era che si concede soltanto a chi si deve spostare lontano e 3 ore e mezzo di treno + mezz'ora di metropolina per loro non era lontano. Annick
----- Message de saccomandi@mec.dii.unipg.it --------- Date : Thu, 4 Jun 2009 20:01:21 +0200 (CEST) De : saccomandi@mec.dii.unipg.it Répondre à : "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Objet : Re: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria" À : Forum Università e Ricerca universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it
Scusate se insisto.
Per prima cosa esiste un libro la cui prima edizione è del 1994 chiamato l'Università dei Tre Tradimenti di De Simone dove viene descritto benissimo il fenomeno del pendolarismo tra atenei ed il nostos del docente universitario.
Avendo insegnato per 8 anni a Lecce dove mi sono trasferito con tutta la famiglia (moglie e figli) vi posso assicurare che la gente che pendola per centinaia di Km è la regola. Quindi non vedo dove sarebbero i problemi. Non solo quelli che pendolano da Bari (160km) ma anche dalla Padania. La nostra facoltà subiva il pendolarismo (un altro degli scandali italiani) dove docenti arrivano il martedi sera per ripartire il giovedi mattina una settimana si ed una no quando ci sono le lezioni e scomparire i rimanenti mesi.
Secondo io vorrei solo che fosse possibile essere proprietari del proprio budget e se uno vuole trasferirsi poterlo fare. Non vorrei obbligare nessuno.
Questo accorgimento a costo zero che potrebbe divenire da subito legge senza nessuna grande filosofia o riforma potrebbe mettere un minimo in competizione gli atenei, permetterebbe a studiosi di fama di chiamare persone che sono in giro a fare cluster di ricerca interessanti e permette al singolo docente di poter minacciare di andarsene quando l'aria diventa insostenibile.
Ci sono tanti bravi che confinati in sede periferiche alla fine hanno preferito, anche se passati ordinari, andarsene all'estero, magari se si potevano trasferire in Italia con facilità sarebbero rimasti.
Certamente questo accorgimento permette anche di realizzare il nostos a tante mediocrità, ma anche questo è un bene perché scoprirebbe in modo definitive le sedi marginali dal punto di vista numerico.
Se un ateneo non fosse stupido può studiare mille modi per incentivare i trasferimenti e usare questa libertà per migliorarsi. Per esempio molti atenei sono proprietari di immobili e non sanno che farsene. Quindi un incentivo potrebbe essere dare affitti a prezzi calmierati.
A differenza di tanti discorsi che sono dei sogni questa norma è concreta e semplice. Magari non è importante, ma lavorare su cose di questo tipo è l'unica vera arma che abbiamo.
Riscrivere le grandi riforme secondo mia modesta opinione non è per noi.
Peppe
Parlare di mobilità dei ricercatori in un paese come l'Italia è un discorso da libro dei sogni. Non solo ci vorrebbero retribuzioni più alte ma anche facilità di trovare alloggi a prezzi sostenibili e in particolare essere single, oppure. come consiglia il Cavaliere sposare uno o una ricca. Margherita Hack ----- Original Message ----- From: "Guido Rossi" guirossi@unina.it To: "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, June 03, 2009 7:07 PM Subject: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu'seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
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