A mio avviso l'imposizione di parametri "oggettivi" e' esattamente il contrario di quanto proposto dal documento Procesi.
Con tutti gli informatici e matematici che abbiamo, si pu si pu,, SI DEVE!! Giovanni Giacometti
Secondo me con un matematico o un informatico quello che si puo' e' dare una dimostrazione di impossibilita'. Senza nessun matematico forse e' possibile.
Carlo Traverso
L'idea che un criterio formale possa sostituirsi al buon senso mi appare non solo illusoria, ma proprio pericolosa.
Nel più vasto ambito della legalità extra-accademica, il codice fiscale o gli studi di settore non hanno eliminato l'evasione fiscale, il certificato antimafia non ha eliminato il controllo della criminalità organizzata sugli appalti, la scusa dei politicanti per l'infima moralità che emerge da tante intercettazioni telefoniche che li coinvolgono è che "non c'è niente di penalmente perseguibile", l'arbitrio dei PM si spiega anche con l'obbligatorietà dell'azione penale, e la giustificazione più frequente quando qualche delinquente in semilibertà e permessi vari commette un reato è che "sì, è un noto tagliagole, ma la decisione di scarcerarlo era formalmente inappuntabile". Ogni volta che c'è un problema viene chiesto o concesso un "inasprimento delle leggi", e nessun problema viene mai risolto.
Nello specifico accademico, un primo problema è che né i criteri pubblicazionometrici (ehm) né quelli citazionometrici (ri-ehm) sono soddisfacenti. Ad esempio, anche a parità di anzianità non colgono le differenze tra ricercatori teorici e ricercatori sperimentali, tra ricercatori più di nicchia e ricercatori più di mainstream (o di moda), tra ricercatori originali e replicanti (bravo Alessio Guglielmi!), tra ricercatori eterodossi e ricercatori ortodossi, tra ricercatori solitari e ricercatori inseriti in fabbrichette guidate da un barone, tra ricercatori che vengono citati perché il loro lavoro è interessante e ricercatori che vengono citati perché il tuo articolo sarà probabilmente referato da uno dei "loro" dottorandi, tra ricercatori che non lavorano negli Stati Uniti e ricercatori che ci lavorano, tra ricerche citate perché fatte bene e ricerche citate come esempi negativi, e così via. Con i criteri formali, in ciascuna di queste antinomie il primo termine viene penalizzato e il secondo viene premiato, cosa che trovo non solo ingiusta, ma radicalmente indesiderabile.
Un secondo problema è che i criteri formali sono costruiti in modi spesso oscuri e da gruppi (intendendo il termine nell'accezione più ampia possibile) la virtuosità dei quali è meramente autodichiarata. Io non ricordo che si sia mai votato nella mia comunità per decidere se l'ISI sia o non sia un buon amministratore delle carriere scientifiche: lo si dà per scontato, per il solo fatto che esiste. Ci sono, almeno nella mia area, riviste peer-reviewed che hanno un vero e proprio dream team come board scientifico e che non sono parte dell'ISI (non hanno impact factor e così via). Non ho mai capito con quali criteri esattamente l'ISI ammetta o non ammetta riviste nella propria parrocchietta, la qualità intrinseca della rivista essendo condizione forse necessaria (ma sarebbe da discutere, visto il livello di certe cose che capita di leggere) ma certamente non sufficiente. In ogni caso non vedo una ragione al mondo per affidare la sorti della nostre carriere, o di quelle dei nostri colleghi più giovani) a un ristretto numero di editor di riviste ISI, controllate da pochi(ssimi) grandi gruppi editoriali con interessi finanziari e politici che noi non conosciamo né controlliamo.
Un terzo problema è che a mano a mano che si affermeranno modalità alternative di gestione del copyright, di "scholarly skywriting" etc., il controllo delle riviste sulla ricerca diminuirà. Questo aprirà problemi che non sono in grado di discutere (e che comunque non vorrei discutere in questa sede), ma che certamente spiazzeranno tutti gli indici formali dei quali stiamo parlando, con il risultato che adottarli adesso (e presumibilmente in saecula saeculorum, visti i tempi che qualsiasi cambiamento richiede in questa nazione) sarebbe un'operazione di retroguardia della quale non si capirebbe il senso.
Un quarto problema è che, se anche i criteri formali per la ricerca fossero accettabili, non ne esistono comunque per la qualità della didattica (corsi, esami, supervisione tesi di laurea e di dottorato etc.), per la qualità del management e per la professionalità complessiva della persona (es. capacità di arrivare fino in fondo a una riunione senza dire troppe idiozie o far saltare il tavolo). Se anche ne esistessero, non esisterebbe poi un modo formale per assemblare in modo sintattico parametri differenti come ricerca, didattica, management etc.: è meglio un buon ricercatore, mediocre docente, ottimo manager, oppure un mediocre ricercatore, ottimo docente, buon manager?
Un quinto problema è che, se anche esistessero criteri formali per tutte queste diverse aree di professionalità accademica e un metacriterio che li tenga insieme (e, ripeto, tutto ciò non è possibile), lo stesso non è ovvio che a un ateneo debba per forza interessare il più "oggettivamente" bravo. Se un ateneo (facoltà, dipartimento, quel che è) vuole aprire un'area di ricerca nuova, o rafforzarne una già esistente etc. può benissimo scoprire che un accademico con "metapunteggio" più basso può essere una scelta migliore di uno con "metapunteggio" migliore. E così via.
Un sesto problema è che qualsiasi (sì, qualsiasi) criterio formale può essere più o meno facilmente aggirato. Se un grosso "barone" chiede ai propri collaboratori più fidati (cioè più ricattabili) di mettere il nome del dr. P. Pallino su tutte le loro pubblicazioni, il dr. Pallino, per quanto sia magari un perfetto imbecille, si trova una lista di pubblicazioni migliore di quella di ciascuno dei ricercatori più bravi che lavorano in quella struttura.
Un settimo problema è che i concorsi già adesso funzionano con criteri formali, anzi, esclusivamente con criteri formali. E tutti ci lamentiamo dello stato poco commendevole nel quale vera l'accademia italiana. Non ci viene il dubbio che ci sia un legame tra le due cose? L'unica nazione al mondo (credo) che ritiene di poter reclutare gli accademici tramite concorso è anche quella con (si dice, anche se ci credo fino a un certo punto) il sistema accademico più scadente. E così via.
Ciascuno di noi è perfettamente in grado di valutare i colleghi della propria area di competenza. Non ha alcun senso chiedere o imporre che le decisioni reali vengano nascoste o giustificate dietro criteri presuntivamente oggettivi. L'unico effetto reale di questi criteri è di deresponsabilizzare di fatto tanto la commissione specifica di concorso quanto in generale la struttura, con il risultato che, una volta che i criteri formali siano salvi (ed è fin troppo facile salvarli), ogni porcata risulta lecita.
Scusate la lunghezza.
Buona serata,
- Maurizio Tirassa
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