Aderisco all'appello.
Marco Fontana
Dipartimento di Matematica e Fisica
Universita' degli Studi, Roma Tre
Largo San Leonardo Murialdo 1
00146 Roma (Italy)
Office No. 204
email fontana@mat.uniroma3.it
tel +39 06 5733 8232
fax +39 06 5733 8080 or 06 5733 8072
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Message: 1
Date: Fri, 18 Jan 2013 21:38:03 +0000
From: Luciano Modica luciano.modica@alice.it
Subject: [Universitas_in_trasformazione] Appello alla politica per
università e ricerca - versione finale
To: Luciano Modica luciano.modica@alice.it
Message-ID:
8537D8EE5F92C140BB6A5EC84F67918E17ABB7@store1.di.unipi.it
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Cari amici,
scusandomi del ritardo vi sottopongo la versione finale dell'appello alla
politica su università e ricerca, completo delle firme di chi lo ha finora
sottoscritto. Vi prego di segnalarmi al più presto eventuali errori da
correggere. A partire dalla mattina di martedì 22 l'appello sarà reso
disponibile sul sito www.petizionepubblica.it<
http://www.petizionepubblica.it%3E perché possa essere sottoscritto da
chiunque lo condivida. Vi sarò grato se segnalerete questa possibilità alle
vostre mailing list.
Vorrei ringraziare vivamente tutti coloro che hanno commentato l'appello e
così hanno contribuito alla versione finale, che spero vi appaia migliore
della precedente.
Un caro saluto.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZA ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZA ALL'ITALIA
Si conclude la XVI legislatura repubblicana, una delle peggiori per
l'università: pesanti tagli (tra cui spiccano quelli del finanziamento
ordinario e dei progetti di ricerca di interesse nazionale per il 2013);
drastica riduzione dei docenti; forte calo delle immatricolazioni; perenne
insufficienza degli interventi per il diritto allo studio; chiusura di ogni
opportunità di reclutamento per i giovani ricercatori. Un'inflazione di
norme e adempimenti imbriglia il sistema e sottrae un'infinità di tempo al
lavoro didattico e di ricerca danneggiandone la qualità. Un nuovo
centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema, negli
atenei e persino nei singoli dipartimenti. Intanto si susseguono
martellanti attacchi mediatici, spesso basati su dati fasulli.
Facciamo appello alla migliore politica, a tutti i partiti che si
confronteranno nelle prossime elezioni, all'opinione pubblica che ha a
cuore il destino dell'Italia, perché dicano basta a questa situazione e si
impegnino a dare nuove prospettive al sistema unitario del sapere
costituito da scuola, università e ricerca pubbliche. La politica ritrovi,
al di là delle maggioranze, una concordia di fondo sulle strategie: sono
necessari anni per vedere i frutti degli investimenti in formazione e
ricerca, ma servono decenni per rimettere in sesto un sistema colpito da
estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche che si riconoscono in
una scelta riformista e progressista per la società italiana. Ritrovino una
presenza attiva nel tessuto vivo dell'università e della ricerca, una nuova
capacità di misurarsi con i loro problemi. L'occasione della prossima
campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e
per testimoniare indefettibile sostegno alla grande maggioranza di persone
che, nonostante carenze e difficoltà, lavorano, studiano, insegnano, fanno
ricerca con serietà e passione, sovente con ottimi risultati.
Certo, non tutto funziona come dovrebbe e occorre riconoscere gli errori
commessi. Ma si abbandonino sterili schemi censori e autoritari, diffusi
anche dall'agenzia nazionale di valutazione e talora basati su parametri
inaffidabili. Si punti invece ad un continuo e diffuso miglioramento
qualitativo delle attività didattiche e di ricerca, senza concentrarsi
esclusivamente sulle pur benemerite isole di eccellenza.
L'università e la ricerca hanno bisogno di fiducia e di sicurezza del
quadro normativo e finanziario. La fiducia è la condizione essenziale per
arrestare l'emorragia di risorse finanziarie e umane e per predisporre
subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi
totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi, un quadro certo di
investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con
l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei.
Senza fiducia e senza sicurezza le attività di didattica e ricerca avanzate
sono destinate a deperire.
L'università e la ricerca non hanno bisogno di ulteriori riforme epocali
quanto piuttosto di essere liberate dai mille laccioli che le hanno
progressivamente soffocate in un labirinto tecnocratico di minute regole
quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare senza remore questa giungla:
sarebbe una prima riforma positiva senza costi. Occorre credere senza
esitazioni, conformemente al dettato della nostra lungimirante
Costituzione, nell'autonomia delle università e degli enti di ricerca,
innalzando nel contempo la loro piena responsabilità e associandovi una
credibile valutazione dei loro risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal mondo avanzato in
termini di numero di laureati va colmato, incentivando l'iscrizione
all'università e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro,
dedicando molto maggior sostegno ai meno abbienti, restituendo all'alta
formazione il ruolo di equo ascensore sociale e di promotrice di benessere.
Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei
dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata
e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del
capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché
l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e
non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria pubblica e libera. L'esame
critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è nella
natura stessa di ogni università italiana o europea: guai a pensare di
poterne fare a meno. La ricerca pubblica ha subìto una drammatica
contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri
assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e
fonti di sprechi. Si punti a riequilibrare il finanziamento alla ricerca
universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, ciascuno necessario ad
un armonico sviluppo culturale ed economico.
Infine università e ricerca non possono fare a meno delle migliori
intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo
all'estero in decine di migliaia ogni anno. I nuovi meccanismi di
reclutamento si sono rivelati fallimentari. Mai l'università era apparsa
tanto chiusa ai giovani brillanti come oggi, mai la carriera universitaria
tanto incerta anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E'
urgente rimediare perché il virus della resa sfiduciata di professori e
ricercatori non si diffonda come un'epidemia.
Siamo consapevoli che l'Italia è in difficoltà, sappiamo che non possiamo
chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che parlamento e governo
prossimi mettano in cima alla loro agenda scuola, università e ricerca.
Mostrino attenzione e rispetto per loro, per le persone più appassionate e
competenti che vi lavorano, per i giovani. Sicuramente lo meritano.
Un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il
suo futuro.