Buongiorno, Sono un caso di studiosa Y straniera che si è presentata ad un concorso in Italia e ha vinto per meritocrazia un posto previsto per una studiosa X con un membro interno X che ha votato contro ma è stato minoritario visto che i membri W e Z non hanno accettato i patti, sicuramente per un problema di coscienza. E infatti fino a qualche settimana fa, trovavo questo fatto giusto: un concorso è un concorso e il migliore deve per forza vincere, in questa valutazione vengono presi in considerazione quanto già fatto prima del concorso, la maturità del candidato e, certo, la corrispondenza con il profilo ricercato ( dovrebbe essere didattico – per prof- e/o di ricerca – per ricercatori- ma qui non è il problema di cui parliamo… ) e quindi il fatto che uno sia già inserito in una ricerca sul posto o meno non dovrebbe essere preso in considerazione per valutare la sua figura come ricercatore / docente. Arrivo al però, nelle ultime settimane ho compreso che cosa significava il fatto che avesse vinto io quel concorso per la candidata X prevista per il posto, che vive qui, lavorava qui da anni gratuitamente aspettando un concorso che finalmente era arrivato. Ha dovuto aspettare ancora 4 anni per vincere un altro concorso, anche lei per meritocrazia lo sottolineo, visto che nel frattempo era uscita totalmente dall'Università e che il nuovo concorso spettava ad una studiosa Z. E la mia conclusione è semplice: quello che non va in questo sistema è che la gente lavora per anni come precario nella ricerca e nell'insegnamento senza venire pagato, il concorso diventa così il premio per chi ha accettato di essere precario e certo in questo caso è ingiusto che non venga mai premiato o meglio se non c’è speranza di ottenere un giorno il regalino concorso chi sarebbe pronto a fare la fame per 10 anni ? Se uno sta già lavorando su un progetto di ricerca, dovrebbe potere rimanere dentro con contratto su progetto, e se invece vuole presentarsi ad un concorso potere andare dove il cuore lo porta e avere qualche speranza di vincere un concorso con le sue forze e senza l’aiuto di un prof X o Y che avrebbe portato in aeroporto e a cui avrebbe servito da segretario per anni. Lavoravo in Canada come assistente di ricerca durante la mia laurea su un tema che faceva parte di un progetto di ricerca nazionale canadese, ed ero pagata con un contratto. Iscritta poi in dottorato in Francia lavoravo ancora in Canada come "ricercatrice invitata" nello stesso gruppo, pagata abbastanza per vivere bene con un contratto a durata determinata certo ma che sarebbe anche potuto durare per tutta la vita come la maggioranza dei miei colleghi che lavoravano sullo stesso progetto o almeno finché il progetto rimaneva finanziato dal governo del Canada e quindi che poteva beneficiare di crediti (i progetti di ricerca in Canada non sono come i PRIN qui, non hanno un termine definito). Devo anche dire che sì, i crediti dipendono delle produzioni di un gruppo, che è una cosa bella in un paese in cui comunque si può sperare che tutti avranno qualche cosa ma anche lì un grosso problema c’è: un progetto con tanti soldi e quindi tanto personale e quindi tanti risultati potrà sperare di ottenere tanti nuovi soldi mentre il piccolo fa fatica a crescere… Ma credo che questo è un male piccolo comparativamente a quanto viviamo qui. Un piccolo appunto per finire: fortunatamente in Canada non ho mai dovuto fare da segretaria a chiunque e quindi ho cominciato a fare delle vere ricerche a 23 anni, montando un progetto mio a 25 e credo che la carriera di un ricercatore è molto più “produttiva” se iniziata a 23 anni che a 40… Annick Farina, Università di Firenze
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