vi giro l'appello mauro dorato
---------- Forwarded message ---------- From: Federico Vercellone federico.vercellone@unito.it Date: 2010/7/23 Subject: Ai firmatari dell'appello "In difesa dell'Università" To: federico.vercellone@unito.it
Cari Colleghi, ricevo questo appello che volentieri inoltro a tutti quanti hanno aderito a quello "In difesa dell’Università" (sino alla data dell’ultimo elenco). Con i più cordiali saluti, Federico Vercellone
Cari colleghi, come sapete in questi giorni è in discussione al Senato il ddl sulla Universita' con l'emendamento sul pensionamento dei professori a 65 anni. Il senatore Valditara si e' adoprato e continua ad adoprarsi perche' tale emendamento sia respinto. Riteniamo opportuno, nella situazione di solitudine in cui ci troviamo, esprimergli la nostra considerazione e il nostro rispetto per rafforzare la posizione che sta sostenendo.
Giuseppe Cambiano, Scuola Normale Superiore e Accademia dei Lincei Giuseppe Cacciatore, Università di Napoli e Accademia dei Lincei Michele Ciliberto, Scuola Normale Superiore e Accademia dei Lincei Stefano Poggi, Università di Firenze, Presidente della Società Filosofica Italiana
Il testo della lettera che, nel caso conveniate, vi preghiamo di sottoscrivere con la vostra firma e indicando la vostra università è il seguente. Inoltrate per cortesia la vostra adesione direttamente al Senatore Valditara all'indirizzo e-mail: valditara_g@posta.senato.it
Illustre Senatore, come Lei sa bene, sta per essere discusso in Senato il ddl sulla Università e con esso un emendamento del Pd che propone il pensionamento di tutti i professori universitari a 65 anni. Si tratta di una proposta oltre che iniqua, irragionevole: essa avrebbe come unico effetto quello di sottrarre alla Università italiana il contributo di docenti spesso nel pieno della loro maturità scientifica e didattica, senza aver preparato un organico e rigoroso ricambio generazionale. E' una proposta senza reali contenuti positivi, frutto di quella demagogia che ha radici così antiche e profonde nel nostro paese. Sono tutte considerazioni che Lei ha certamente presenti, come dimostra il suo atteggiamento equanime e saggio in questa delicatissima vicenda. Desideriamo pero' esprimerle il nostro rispetto e manifestarle la nostra attenzione per l'azione rigorosa e lungimirante che Lei sta svolgendo in una situazione difficile per lo sviluppo, su tutti i piani, della nostra Universita'.
Cari colleghi, come ho risposto in precedenza a Federico Vercellone, vorrei ribadire che l'aver sottoscritto l'appello "In didesa dell'Università" non costituisce un elemento per cui tutti si possa essere d'accordo anche sulla questione del pensionamento a 65 anni. Personalmente penso che andare in pensione a 65 anni non sia un problema. Accade così in quasi tutto il mondo. Nonostante ciò, gli studiosi che vogliono estendere la loro attività scientifica anche oltre continuano a farlo nelle sedi opportune. Perché solo l'Italia dovrebbe essere l'eccezione? Segnalo in proposito un articolo che mi pare esponga una posizione piuttosto chiara al riguardo (anche qui bisogna sopprimere gli spazi per usare il link): http ://archiviostorico. corriere.it/2010/luglio/22/PENSIONE_PAURA_co_7_100722002.shtml
Rino Esposito
è un argomento delicato che tocca tasti personali talvolta dolorosi. Premetto quindi di avere *solo* 52 anni. Ergo mi mancano almeno 13 anni alla pensione (anche anticipata a 65). Non mi sento (per ora) personalmente coinvolta.
Però proporre OGGI il pensionamento a 65 anni mi sembra aggiungere un altro tassello al quadro di distruzione sistematica delle università.
Abbiamo gli organici ridotti all'osso, ci mancano docenti e ricercatori. Cacciare via i +65 ORA ci ridurrebbe allo stremo, e anche i nuovi ingressi (e siamo sicuri che ce li danno?) si troverebbero a lavorare in condizioni disastrose.
Lottiamo ora compatti, senza rompere il fronte, per avere NUOVI INGRESSI, non per cacciare via chi c'è, altrimenti si scatena la guerra fra poveri, non cadiamo nella trappola! Quando questa gente, questi giovani, sangue nuovo e linfa nuova, sarà entrata nelle nostre università ed avremo degli organici decenti, allora potremo discutere di pensionamenti a 65 anni e se (diciamo fra 10 anni) sarà a me che toccherà di andare in pensione anticipata, bene, sarò contenta. Ma oggi no, oggi cacciare via dell'altra gente dalle nostre martoriate università è un autogol clamoroso.
Eppoi sarà anche vero che gli ultrasessantenni sono tutti *baroni e anche un po' instupiditi*, ma sappiamo tutti che il sapere si trasmette di generazione in generazione: se cacciamo via tutti e subito i *vecchi* mi dite un po' da dove partiamo? non si trasmette la conoscenza facendo tabula rasa. Chiedetevi: con questa norma quanti gruppi di ricerca moriranno nei vostri dipartimenti? Chiedetevi: con questa norma quanti altri corsi moriranno?
Di nuovo il pensionamento a 65 anni non è un tabù, ma per favore non parliamone ora!
saluti anna
On Fri, 2010-07-23 at 17:37 +0200, Rino Esposito wrote:
Cari colleghi, come ho risposto in precedenza a Federico Vercellone, vorrei ribadire che l'aver sottoscritto l'appello "In didesa dell'Università" non costituisce un elemento per cui tutti si possa essere d'accordo anche sulla questione del pensionamento a 65 anni. Personalmente penso che andare in pensione a 65 anni non sia un problema. Accade così in quasi tutto il mondo. Nonostante ciò, gli studiosi che vogliono estendere la loro attività scientifica anche oltre continuano a farlo nelle sedi opportune. Perché solo l'Italia dovrebbe essere l'eccezione? Segnalo in proposito un articolo che mi pare esponga una posizione piuttosto chiara al riguardo (anche qui bisogna sopprimere gli spazi per usare il link): http ://archiviostorico. corriere.it/2010/luglio/22/PENSIONE_PAURA_co_7_100722002.shtml
Rino Esposito
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
mi trovo d'accordo con quanto scrive Rino Esposito soprattutto per lasciare spazio ai giovani e qui sta il nocciolo del problema: i posti che lasciamo verranno occupati da giovani meritevoli o serviranno solo a fare cassa e verranno utilizzati...per le ditte di pulizia???
Elvira De Matthaeis
Cari colleghi, come ho risposto in precedenza a Federico Vercellone, vorrei ribadire che l'aver sottoscritto l'appello "In didesa dell'Università" non costituisce un elemento per cui tutti si possa essere d'accordo anche sulla questione del pensionamento a 65 anni. Personalmente penso che andare in pensione a 65 anni non sia un problema. Accade così in quasi tutto il mondo. Nonostante ciò, gli studiosi che vogliono estendere la loro attività scientifica anche oltre continuano a farlo nelle sedi opportune. Perché solo l'Italia dovrebbe essere l'eccezione? Segnalo in proposito un articolo che mi pare esponga una posizione piuttosto chiara al riguardo (anche qui bisogna sopprimere gli spazi per usare il link): http ://archiviostorico. corriere.it/2010/luglio/22/PENSIONE_PAURA_co_7_100722002.shtml Rino Esposito
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
Anch'io penso che, purtroppo, il pensionamento anticipato a 65 anni, lungi dal favorire l'ingresso dei giovani, come tutti coloro che sono d'accordo vorrebbero, sia solo un'altra trovata per fare cassa.
Tuttavia è vero che molto spesso, in tante situazioni, siamo 'ingessati' da troppi 'vecchi' che sono responsabili, volenti o nolenti (più spesso volenti), del carattere indubbiamente gerontocratico di numerosissime facoltà.
Dobbiamo rinunciare ad avanzare questa critica per non fare il gioco del nemico? Credo sia più opportuno essere intellettualmente onesti se si è convinti che qualche problema di troppo sia spesso derivato da 'ingombranti vecchi' (lo so, non tutti lo sono). Abbiamo argomenti da vendere per dimostrare che cavalcare il pensionamento universitario anticipato a 65 anni è una trovata strumentale grossolana da parte di chi non ha fatto altro che infliggere solo colpi distruttivi all'Università ed a tutto il comparto della formazione in Italia. Non dimentichiamo che questa stessa gente agita la parola d'ordine della meritocrazia, ma è solo malafede. Come possono parlare di meritocrazia, di qualità degli standard di preparazione, e di tutto il resto dell'aria fritta che propagandano, quelli che hanno sponsorizzato il ritorno alle scuole di avviamento professionale? Ve la ricordate la riforma Moratti e le scuole di taglio e cucito?
Non bisogna aver paura di essere confusi con chi adopera certi argomenti solo per calcolo politico. Le bugie hanno le gambe corte e un esempio che calza a pennello è proprio la contraddizione che segnala Camillo La Mesa.
Ad Anna Painelli vorrei dire che non è questo che rompe il fronte. Il fronte purtroppo, cara Anna, non c'è. Purtroppo non basta essere universitari per essere al di sopra della decadenza di questa società. Se la statistica non è un'opinione, anche tra gli universitari una cospicua porzione è dalla parte di chi ritiene che la riforma giusta sia quella della Gelmini. Considera quello che ha scritto ieri Giavazzi sul Corriere della Sera: un professore universitario che su uno dei più autorevoli e diffusi giornali italiani si permette di presentarci tutti (escluso lui, naturalmente) come una categoria di 'mezze tacche' che mira all'ope legis, al 'todos caballeros'. Come definire uno che ha lo stomaco di dire ciò in questo momento? Per me è un malfattore della peggiore specie, uno che adopera la sua intelligenza per fare del male. Facendo del male ad una categoria di privilegiati, come siamo dipinti da tanti pennivendoli di sistema, fa del male alla continuità culturale dell'intero Paese.
Mi riivolgo a tutti: credete che Giavazzi sia l'unico? Purtroppo no, cari amici. Tanto per cominciare c'è con lui la schiera dei politici professori universitari, Brunetta, Tremonti, Valditara, ecc. A fare di tutta l'erba un fascio, si può affermare che la sola caratteristica di essere politici di professione li qualifica nella maniera più spregevole possibile. Personalmente credo che ciò sia vero nella gran parte dei casi, ma non penso che l'esiguità delle eccezioni debba essere sacrificata per cavalcare un facile sentimento antipolitico, a prescindere.
Purtroppo però, il fronte non è assente solo perché tra noi c'è un 'campione statistico' di favorevoli a chi ha interesse a ridimensionare l'Università pubblica. Come giudicate, ad esempio, la posizione di Tito Boeri di ieri mattina su Repubblica, a proposito dell'annacquamento di quanto di buono c'era nella riforma come la presenza degli esterni nella gestione dell'Università? Molti, in buonafede nella loro convinzione, pensano che aprire alla presenza delle forze sociali, cioè forze del lavoro, forze politiche ecc. sia comunque un fatto positivo, un momento che consenta il confronto tra accademia e tutto il resto. Ma hanno dimenticato che razza di Paese è questo? Ma Boeri, in particolare, non ricorda che gli industriali della Confindustria o i funzionari di partito trombati che rappresenteranno la maggioranza di turno nei consigli di amministrazione universitari, sono solo dei pescecani in cerca di prebende personali e per i loro compagni? L'Italia è l'unico paese al mondo dove l'industria, piuttosto che finanziare la ricerca, briga per sottrarre quelle poche risorse disponibili per la cosiddetta ricerca industriale (lo dico con un po' di cognizione di causa).
Bottom line, per fare un fronte ci vuole un impegno più 'militante' per il quale dovremmo metterci un po' di forza. Io spero che un movimento cresca e sicuramente se ciò accadrà sarà solo perché gli individui metteranno più convinzione nel riconoscere e far proprie idee guida comuni.
Rino Esposito
PS vedo una replica di Claudio Procesi che oscilla tra la fantascienza ed il cinismo. Conosco Procesi solo per via di questo forum e ne apprezzo l'acume e la generosità, ma questo non significa che sia sempre d'accordo con lui. In questo caso, caro Claudio, anche se ho solo 57 anni e non la tua veneranda età (l'aggettivo lo devi prendere come una battuta che per un uomo di spirito quale sei non suonerà offensiva), posso solidarizzare con gran parte degli argomenti che adduci, ma concedi almeno che non necessariamente chiunque sia convinto della necessità di anticipare il pensionamento sia un demagogo. A parte ciò, però, devo dire che non tutti i quasi-settantenni o gli ultrasettantenni che conosco nel mio ambiente brillano della tua stessa lucidità. Purtroppo, anche se la durata media della vita è aumentata siamo ben lontani dal traguardo dei 150 anni e mediamente a certe età i problemi cominciano a farsi sentire. Proprio per lavoro mi occupo della degenerazione delle proteine dal punto di vista strutturale, un processo detto misfolding che ha delle conseguenze pesanti. Sinceramente non vedo niente di male ad accettare di terminare il proprio impegno lavorativo ad un'età che appare oggi in linea con gli standard di longevità globali. Per coloro che come noi hanno la fortuna di fare un lavoro intellettuale, è anche bello invecchiare accettando di cambiare oppure continuando sullo stesso tema di interesse in una condizione diversa. Per esempio, quando andrò in pensione, fra 8 anni spero, piuttosto che continuare a fare spettroscopia di risonanza magnetica nucleare di proteine, penso che comincerò a coltivare come si deve un altro interesse, la musica barocca. Oppure, colpito da crisi esistenziale, emigrerò in Africa per aiutare chi è meno fortunato. Non so, ma qualcosa farò se sarò vivo, una condizione quest'ultima che mi rendo conto di trascurare troppo spesso, convinto quasi dell'immortalità come la cultura sociale di oggi ci abitua tutti a credere.
-------------------------------------------------- From: "Rino Esposito" rino.esposito@uniud.it Sent: Friday, July 23, 2010 8:27 PM Buonasera. Solo un appunto alla lunga tirata, che snocciola molti dati, su alcuni dei quali ho dubbi. Uno di questi è che il pensionamento anticipato dei professori universitari è facilmente dimostrabile che sarà un aggravio per le casse dello Stato, che comunque dovrà pagare più celermente liquidazioni e pensioni a personale non più produttivo. Altro che risparmi ! E comunque è un'operazione in perdita dal punto di vista culturale, perchè va a rottamare gente ancora capace mediamente di fare scuola. Saluti a tutti gli iscritti al Forum Vincenzo Bellini Dipartimento di Fisica e Astronomia Università di Catania Via Santa Sofia, 64 95123 CATANIA
To: "Elvira De Matthaeis" elvira.dematthaeis@uniroma1.it Cc: ""Forum "Università e Ricerca""" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] Fwd: Ai firmat ari dell'appello "In difesa dell'Università"
Anch'io penso che, purtroppo, il pensionamento anticipato a 65 anni, lungi dal favorire l'ingresso dei giovani, come tutti coloro che sono d'accordo vorrebbero, sia solo un'altra trovata per fare cassa.
Tuttavia è vero che molto spesso, in tante situazioni, siamo 'ingessati' da troppi 'vecchi' che sono responsabili, volenti o nolenti (più spesso volenti), del carattere indubbiamente gerontocratico di numerosissime facoltà.
Dobbiamo rinunciare ad avanzare questa critica per non fare il gioco del nemico? Credo sia più opportuno essere intellettualmente onesti se si è convinti che qualche problema di troppo sia spesso derivato da 'ingombranti vecchi' (lo so, non tutti lo sono). Abbiamo argomenti da vendere per dimostrare che cavalcare il pensionamento universitario anticipato a 65 anni è una trovata strumentale grossolana da parte di chi non ha fatto altro che infliggere solo colpi distruttivi all'Università ed a tutto il comparto della formazione in Italia. Non dimentichiamo che questa stessa gente agita la parola d'ordine della meritocrazia, ma è solo malafede. Come possono parlare di meritocrazia, di qualità degli standard di preparazione, e di tutto il resto dell'aria fritta che propagandano, quelli che hanno sponsorizzato il ritorno alle scuole di avviamento professionale? Ve la ricordate la riforma Moratti e le scuole di taglio e cucito?
Non bisogna aver paura di essere confusi con chi adopera certi argomenti solo per calcolo politico. Le bugie hanno le gambe corte e un esempio che calza a pennello è proprio la contraddizione che segnala Camillo La Mesa.
Ad Anna Painelli vorrei dire che non è questo che rompe il fronte. Il fronte purtroppo, cara Anna, non c'è. Purtroppo non basta essere universitari per essere al di sopra della decadenza di questa società. Se la statistica non è un'opinione, anche tra gli universitari una cospicua porzione è dalla parte di chi ritiene che la riforma giusta sia quella della Gelmini. Considera quello che ha scritto ieri Giavazzi sul Corriere della Sera: un professore universitario che su uno dei più autorevoli e diffusi giornali italiani si permette di presentarci tutti (escluso lui, naturalmente) come una categoria di 'mezze tacche' che mira all'ope legis, al 'todos caballeros'. Come definire uno che ha lo stomaco di dire ciò in questo momento? Per me è un malfattore della peggiore specie, uno che adopera la sua intelligenza per fare del male. Facendo del male ad una categoria di privilegiati, come siamo dipinti da tanti pennivendoli di sistema, fa del male alla continuità culturale dell'intero Paese.
Mi riivolgo a tutti: credete che Giavazzi sia l'unico? Purtroppo no, cari amici. Tanto per cominciare c'è con lui la schiera dei politici professori universitari, Brunetta, Tremonti, Valditara, ecc. A fare di tutta l'erba un fascio, si può affermare che la sola caratteristica di essere politici di professione li qualifica nella maniera più spregevole possibile. Personalmente credo che ciò sia vero nella gran parte dei casi, ma non penso che l'esiguità delle eccezioni debba essere sacrificata per cavalcare un facile sentimento antipolitico, a prescindere.
Purtroppo però, il fronte non è assente solo perché tra noi c'è un 'campione statistico' di favorevoli a chi ha interesse a ridimensionare l'Università pubblica. Come giudicate, ad esempio, la posizione di Tito Boeri di ieri mattina su Repubblica, a proposito dell'annacquamento di quanto di buono c'era nella riforma come la presenza degli esterni nella gestione dell'Università? Molti, in buonafede nella loro convinzione, pensano che aprire alla presenza delle forze sociali, cioè forze del lavoro, forze politiche ecc. sia comunque un fatto positivo, un momento che consenta il confronto tra accademia e tutto il resto. Ma hanno dimenticato che razza di Paese è questo? Ma Boeri, in particolare, non ricorda che gli industriali della Confindustria o i funzionari di partito trombati che rappresenteranno la maggioranza di turno nei consigli di amministrazione universitari, sono solo dei pescecani in cerca di prebende personali e per i loro compagni? L'Italia è l'unico paese al mondo dove l'industria, piuttosto che finanziare la ricerca, briga per sottrarre quelle poche risorse disponibili per la cosiddetta ricerca industriale (lo dico con un po' di cognizione di causa).
Bottom line, per fare un fronte ci vuole un impegno più 'militante' per il quale dovremmo metterci un po' di forza. Io spero che un movimento cresca e sicuramente se ciò accadrà sarà solo perché gli individui metteranno più convinzione nel riconoscere e far proprie idee guida comuni.
Rino Esposito
PS vedo una replica di Claudio Procesi che oscilla tra la fantascienza ed il cinismo. Conosco Procesi solo per via di questo forum e ne apprezzo l'acume e la generosità, ma questo non significa che sia sempre d'accordo con lui. In questo caso, caro Claudio, anche se ho solo 57 anni e non la tua veneranda età (l'aggettivo lo devi prendere come una battuta che per un uomo di spirito quale sei non suonerà offensiva), posso solidarizzare con gran parte degli argomenti che adduci, ma concedi almeno che non necessariamente chiunque sia convinto della necessità di anticipare il pensionamento sia un demagogo. A parte ciò, però, devo dire che non tutti i quasi-settantenni o gli ultrasettantenni che conosco nel mio ambiente brillano della tua stessa lucidità. Purtroppo, anche se la durata media della vita è aumentata siamo ben lontani dal traguardo dei 150 anni e mediamente a certe età i problemi cominciano a farsi sentire. Proprio per lavoro mi occupo della degenerazione delle proteine dal punto di vista strutturale, un processo detto misfolding che ha delle conseguenze pesanti. Sinceramente non vedo niente di male ad accettare di terminare il proprio impegno lavorativo ad un'età che appare oggi in linea con gli standard di longevità globali. Per coloro che come noi hanno la fortuna di fare un lavoro intellettuale, è anche bello invecchiare accettando di cambiare oppure continuando sullo stesso tema di interesse in una condizione diversa. Per esempio, quando andrò in pensione, fra 8 anni spero, piuttosto che continuare a fare spettroscopia di risonanza magnetica nucleare di proteine, penso che comincerò a coltivare come si deve un altro interesse, la musica barocca. Oppure, colpito da crisi esistenziale, emigrerò in Africa per aiutare chi è meno fortunato. Non so, ma qualcosa farò se sarò vivo, una condizione quest'ultima che mi rendo conto di trascurare troppo spesso, convinto quasi dell'immortalità come la cultura sociale di oggi ci abitua tutti a credere.
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
In linea di massima non sono contrario al pensionamento a 65 anni. Vorrei che mi si spiegasse, però, perché si cerchi con insistenza di mandare in pensione più tardi molte categorie e si proponga restrizione per i soli docenti universitari. E' un premio alla categoria? Non mi sembra Camillo La Mesa
premesso che ho 69 anni e comunque l'anno prossimo andro' in pensione ritengo che la discussione sui 65 anni sia del tutto male impostata e mi stupisco che i colleghi non lo capiscano.
I dati reali sono che effettivamente vi e` stata una immissione discontinua negli organici universitari ed anche una cattiva pianificazione dei possibili sviluppi di carriera per cui di fatto abbiamo un picco di docenti sopra i 60 anni e uno strangolamento dei ricercatori. Ora la logica direbbe che una possibile serie di misure una tantum, di sfoltimento e razionalizzazione potrebbero avere un senso, in quanto compensative degli squilibri precedenti ma prima di introdurre una norma strutturale sarebbe bene accendere il cervello e riflettere. Ma che significa 65 o 70 o 80 o 200?
Cercate di fare un minimo di modellizzazione matematica, se fra 100 anni la vita si estendera` magari a 150 anni come gestirla? A me piace leggere la fantascienza e quei pochi autori bravi si sono posti questi problemi ipotetici che poi di fatto tanto ipotetici non sono.
Una soluzione proposta da alcuni autori e` l'uccisione dei vecchi (con ovvie leggi ad personam per le oligarchie), un altra quote strettissime per la procreazione etc.. POi ci sono le classiche soluzioni, guerre ed epidemie.
La natura ha un metodo infallibile, la morte, ma poi ci sono i cani che vivono 15 anni e le tartarughe 900, quindi cerchiamo di affrontare il problema da scienziati.
La premessa e` che come esseri umani non ci piace l'idea di morire presto per far spazio alle generazioni successive. Pero` se andate in un convegno in Africa vedrete che l'eta` media dei partecipanti e` molto bassa, evviva, evviva? Di fatto io avevo tre collaboratori africani di un progetto di matematica e sono tutti morti a eta` variabili dai 40 ai 60 anni. Io non lo considero una grande cosa anche se certamente adesso trovero` collaboratori piu` giovani.
Se accettiamo l'idea che ci piace vivere a lungo ed anche in salute dobbiamo trovare un modo per avere comunque una vita piena e non 30, 40, 50 anni di vita marginale da pensionati. Certo il problema e` immenso, richiede cambiamenti profondi prima di tutto nella procreazione poi nell'inserimento nel lavoro etc.. Il problema in sostanza e` come andare a regime, come potete facilmente calcolare.
In una situazione a regime, se in media ogni coppia produce due figli il fatto che vivano 10 anni o 10mila non cambia se non nella velocita` di ricambio completo e coerentemente non cambia il problema delle carriere universitarie, certo si puo` andare a regime in tanti modi diversi e qui e` la vera questione della gerontocrazia, nella Universita` per essere concreti questo ci dovrebbe portare ad una qualche forma di gestione per cui entro i 40 anni di eta` tutti i meritevoli diventino professori di prima fascia.
Poi se uno vuole avere figli ogni 10 anni ad esempio e` bene che la vita si accorci drasticamente o che aumenti in modo enorme la mortalita` infantile, comunque in qualche modo la natura provvedera` (in modo probabilmente orrendo). Il problema ovviamente e` che non siamo affatto a regime ma abbiamo passato una fase in cui sembrava che l'espansione, in particolare l'espansione demografica fosse inarrestabile, oggi credo non sia cosi anche se non ho i dati precisi e mi affido solo su informazioni frammentarie.
Quindi si ragioni pure su come rimediare ad una gestione passata sbagliata ma non se ne proponga a regime un'altra sbagliata in modo diverso.
Insomma io non ho una soluzione ma trovo la proposta dei 65 anni una proposta demagogica che a mio avviso mostra semplicemente la pochezza del PD.
On Jul 24, 2010, at 3:14 AM, camillo la mesa wrote:
In linea di massima non sono contrario al pensionamento a 65 anni. Vorrei che mi si spiegasse, però, perché si cerchi con insistenza di mandare in pensione più tardi molte categorie e si proponga restrizione per i soli docenti universitari. E' un premio alla categoria? Non mi sembra Camillo La Mesa
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Prof. Claudio Procesi, Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia
tel. 0039-06-49913212, fax 0039-06-44701007 http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/
Caro Claudio e cari Colleghi,
mi sono chiesta spesso cosa sarà di me dopo la pensione... ammesso che arrivi a 65 anni mantenendo una certa lucidità. Senza arrivare a piaghe, guerre, epidemie e uccisioni di neonati, tuttavia, penso che una soluzione ragionevole possa esserci.
Francamente dobbiamo dirci che per un 65enne o un 70nne, tranne forse casi eccezionali, l' età delle grandi scoperte è finita e anche, diciamolo, finisce la spinta innovatrice istituzionale. Resta un capitale di esperienza, di tempo, di pratica, di capacità didattica che non dovrebbe andare perso.
Pertanto una soluzione ragionevole e a costo contenuto sarebbe quella di utilizzare un dispositivo analogo a quanto già è stato fatto in altri casi: da 65 a 70 anni, c'è la scelta se andare in pensione e gravare sui fondi per le pensioni, ovvero rimanere con uno stipendio che non preveda i costi di previdenza e pensionamento a carico dell' ateneo e del docente, che però continuerebbe a pagare l' IRPEF e non maturerebbe altri anni di anzianità a fini pensionistici. Il denaro così risparmiato dall' ateneo dovrebbe convergere per intero in un fondo dedicato al solo reclutamento di giovani, e non per le progressioni di carriera. Il docente pensionando ma non pensionato potrebbe mantenere un buon carico didattico, tesi di laurea, e partecipare a gruppi di finanziamento per la ricerca, ma non come coordinatore locale o nazionale, nè partecipare alle commissioni di concorso, o ricoprire incarichi di natura istituzionale come direttore, preside, rettore. Insomma, un buon decano, un saggio, un cultore della materia ...
Cari saluti
Maria Pia De Pascale
cara Maria Pia, Rino e colleghi, come sapete a me piace provocare, non fosse altro perche' conosco un po di meccanica statistica e so che prima di arrivare ad un equilibrio e` bene scaldare il sistema (poi e` anche necessario raffreddarlo).
A me sembra comunque che parlare di pensionamento a 65 anni come riforma strutturale senza fare alcuni conti sia un modo di perpetuare la logica di descrivere i fenomeni senza tener conto dell'aspetto quantitativo che poi alla fine diventa predominante.
Faccio degli esempi:
1. Se ora in media un ricercatore universitario riesce ad entrare sui 35 anni e poi va in pensione a 65 non vi pare totalmente irrazionale?
30 anni di lavoro su una vita media di 80? certo poi si dedica alla musica barocca (ma a spese di chi?) o ad aiutare l'Africa? Ma forse nel frattempo saremo noi a dover essere aiutati.
Io non conosco abbastanza economia per capire gli inputs contraddittori che arrivano, alzare l'eta` pensionabile ma poi mandare in pensione quando serve. Forse qualche collega mi illuminera`, io ancora non ho capito nulla sul modello economico sottostante.
2. Quando si sono istituiti i ruoli di ricercatore, associato, ordinario o quando si aprono posti qualcuno si preoccupa di verificare che risultati si hanno a regime? In altre parole quali sono le possibilita` per un buon ricercatore di diventare professore ordinario? Io vi posso solo dire che recentemente abbiamo avuto due concorsi per professore associato di Algebra, in uno ero presidente e l'altro lo ho seguito da vicino. E` stata una vera sofferenza dover escludere tantissimi ricercatori professionalmente meritevoli certamente di un posto di associato ma forse anche di ordinario.
Ora cosa dire? Qui o si sceglie la strategia di assumere un sacco di pippe come ricercatori, cosi non avranno mai il merito sufficente per diventare associati oppure non si riconosce il merito. Tertium non datur (da Tremonti che non da i soldi=tertium).
Io comunque credo che al momento la battaglia cruciale sia quella della dignita` dei ricercatori. Se dovessi pensare a me penserei alla mia liquidazione spezzettata tutta d'un tratto (pensavo di aiutare una figlia a comperare un appartamento, ingenuo), io veramente chiederei a Tremonti se sono italiano? a me le mani in tasca le ha messe fino in fondo.
Prof. Claudio Procesi, Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia
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