Cari tutti, ciò che scriverò a continuazione riguarda la mia personale e sperienza e quella di numerosi altri giovani come me.
Innanzitutto vorrei dire a chi forma i proprio studenti più brillanti in vista di un futuro concorsi che la lunga trafila di compiti accademici non pagati, caratterizzano gli anni di dottorato e post doc, potrebbero anche servire al candidato per conoslidare la sua formazione e poter così competere anche in caso di valutazioni comparative nazionali e non truccate. Questo non toglie che sia ingiusto e faticoso passare lunghi anni senza retribuzione o con piccole somme da fame.
Nonostante io abbia fatto il Dottorato in altra sede, non capisco in nessuno modo la volontà di imporre che non si possa essere assunti presso l'università nella quale ci si è laureati: conoscere meglio l'ambiente e la burocrazia, oltre a essere in linea con le ricerche della sede dovrebbero essere considerati punti di forza del candidato e non uno svantaggio.
Non ritengo utile impedire a un ordinario che ritenga capace e meritevole un suo studente di offrirgli la possibilità di un posto da ricercatore (per il quale il "maesro" deve lottare molto e non ne sarebbe disposto se non per qualcuno che stima). Il problema è che spesso si privilegiano i rapporti di parentela o di altro tipo, problema che si potrebbe risolvere soltanto se i fondi fossero strettamente legati alla quantità e alla qualità dei prodotti delle singole persone (e non del dipartimento).
Porgo un ulteriore spunto di riflessione: perchè ho la sensazione che, di nuovo, qualunque valutazione dei risultati possa privilegiare la quantità a scapito della qualità?
Infine, se essere docenti o ricercatori significa dedicare ore a cavilli burocratici o a pratiche amministrative, completare 120 ore di didattica annuali sommate a tesi, prove finali, riunioni e organizzazione di congressi, il tutto senza poter contare sulla collaboraione di altri se non dei dottorandi di turno, come si può fare seriamente ricerca? Molti reclutano gratuitamente mogli e famigliari per una migliore gestione, ma non tutti se lo possono permettere, e sopratutto, vi pare che questo sia etico?
Marina
Con questo messaggio vorrei soltanto esprimere il mio sconcerto per un aspetto che compare in modo ricorrente nei messaggi che ho ricevuto: viene considerato normale, seppure non auspicabile, il fatto che giovani vengano impiegati nel lavoro di ricerca senza alcuna retribuzione. Nel dipartimento in cui opero (ma penso sia così in genere nella Facoltà di Scienze dellUniversità di Milano) un comportamento del genere non esiste! Nessuno lavora gratis: i giovani (dottorandi o post-doc) vengono pagati sui fondi di ricerca del gruppo in cui operano, con borse di studio (se hanno meno di 29 anni), con COCOCO o con assegni di ricerca. Questi non costituiscono certo una retribuzione favolosa, ma 18600 euro allanno non possono essere considerati unelemosina, soprattutto quando si vive in una città diversa da Milano, dove questa retribuzione è molto modesta, considerando che qui il costo della vita è alto. In conclusione, considero il comportamento sopra menzionato gravemente scorretto e ribadisco il mio stupore nel vedere che per molti colleghi esso venga invece considerato normale.
At 11.06 04/12/2008, you wrote:
Cari tutti, ciò che scriverò a continuazione riguarda la mia personale e sperienza e quella di numerosi altri giovani come me.
Innanzitutto vorrei dire a chi forma i proprio studenti più brillanti in vista di un futuro concorsi che la lunga trafila di compiti accademici non pagati, caratterizzano gli anni di dottorato e post doc, potrebbero anche servire al candidato per conoslidare la sua formazione e poter così competere anche in caso di valutazioni comparative nazionali e non truccate. Questo non toglie che sia ingiusto e faticoso passare lunghi anni senza retribuzione o con piccole somme da fame.
Nonostante io abbia fatto il Dottorato in altra sede, non capisco in nessuno modo la volontà di imporre che non si possa essere assunti presso l'università nella quale ci si è laureati: conoscere meglio l'ambiente e la burocrazia, oltre a essere in linea con le ricerche della sede dovrebbero essere considerati punti di forza del candidato e non uno svantaggio.
Non ritengo utile impedire a un ordinario che ritenga capace e meritevole un suo studente di offrirgli la possibilità di un posto da ricercatore (per il quale il "maesro" deve lottare molto e non ne sarebbe disposto se non per qualcuno che stima). Il problema è che spesso si privilegiano i rapporti di parentela o di altro tipo, problema che si potrebbe risolvere soltanto se i fondi fossero strettamente legati alla quantità e alla qualità dei prodotti delle singole persone (e non del dipartimento).
Porgo un ulteriore spunto di riflessione: perchè ho la sensazione che, di nuovo, qualunque valutazione dei risultati possa privilegiare la quantità a scapito della qualità?
Infine, se essere docenti o ricercatori significa dedicare ore a cavilli burocratici o a pratiche amministrative, completare 120 ore di didattica annuali sommate a tesi, prove finali, riunioni e organizzazione di congressi, il tutto senza poter contare sulla collaboraione di altri se non dei dottorandi di turno, come si può fare seriamente ricerca? Molti reclutano gratuitamente mogli e famigliari per una migliore gestione, ma non tutti se lo possono permettere, e sopratutto, vi pare che questo sia etico?
Marina _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni: http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
Prof. Mirella Sari-Gorla Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie Via Celoria 26, 20133 Milano, Italy tel: +39 02 503 1 5014 fax: +39 02 503 1 5044 E-mail: MIRELLA.SARIGORLA@UNIMI.IT web: http://users.unimi.it/~camelot
Concordo con Mirella, ma sono piu' radicale: i giovani devono piantarla di lavorare gratis!
Se lavorano gratis, rovinano il mercato a chi non puo' permettersi di fare altrettanto.
Non ne posso piu' di questi precari per scelta che prima decidono di lavorare gratis (chi li mantiene?) nella speranza che qualcuno regali loro un posto e poi protestano contro un precariato che loro stessi hanno scelto e favorito.
Uno puo' pure decidere di lavorare gratis per "amore della scienza" o semplicemente per "andare in paradiso": ma nel qual caso non puo' chiedere a viva voce che si tarocchi un concorso per farlo vincere per forza...
Scusate se son troppo diretto. Bye, E.
On Fri, 5 Dec 2008, Mirella Sari Gorla wrote:
Con questo messaggio vorrei soltanto esprimere il mio sconcerto per un aspetto che compare in modo ricorrente nei messaggi che ho ricevuto: viene considerato normale, seppure non auspicabile, il fatto che giovani vengano impiegati nel lavoro di ricerca senza alcuna retribuzione. Nel dipartimento in cui opero (ma penso sia così in genere nella Facoltà di Scienze dell?Università di Milano) un comportamento del genere non esiste! Nessuno lavora gratis: i giovani (dottorandi o post-doc) vengono pagati sui fondi di ricerca del gruppo in cui operano, con borse di studio (se hanno meno di 29 anni), con COCOCO o con assegni di ricerca. Questi non costituiscono certo una retribuzione favolosa, ma 18600 euro all?anno non possono essere considerati un?elemosina, soprattutto quando si vive in una città diversa da Milano, dove questa retribuzione è molto modesta, considerando che qui il costo della vita è alto. In conclusione, considero il comportamento sopra menzionato gravemente scorretto e ribadisco il mio stupore nel vedere che per molti colleghi esso venga invece considerato normale.
At 11.06 04/12/2008, you wrote:
Cari tutti, ciò che scriverò a continuazione riguarda la mia personale e sperienza e quella di numerosi altri giovani come me.
Innanzitutto vorrei dire a chi forma i proprio studenti più brillanti in vista di un futuro concorsi che la lunga trafila di compiti accademici non pagati, caratterizzano gli anni di dottorato e post doc, potrebbero anche servire al candidato per conoslidare la sua formazione e poter così competere anche in caso di valutazioni comparative nazionali e non truccate. Questo non toglie che sia ingiusto e faticoso passare lunghi anni senza retribuzione o con piccole somme da fame.
Nonostante io abbia fatto il Dottorato in altra sede, non capisco in nessuno modo la volontà di imporre che non si possa essere assunti presso l'università nella quale ci si è laureati: conoscere meglio l'ambiente e la burocrazia, oltre a essere in linea con le ricerche della sede dovrebbero essere considerati punti di forza del candidato e non uno svantaggio.
Non ritengo utile impedire a un ordinario che ritenga capace e meritevole un suo studente di offrirgli la possibilità di un posto da ricercatore (per il quale il "maesro" deve lottare molto e non ne sarebbe disposto se non per qualcuno che stima). Il problema è che spesso si privilegiano i rapporti di parentela o di altro tipo, problema che si potrebbe risolvere soltanto se i fondi fossero strettamente legati alla quantità e alla qualità dei prodotti delle singole persone (e non del dipartimento).
Porgo un ulteriore spunto di riflessione: perchè ho la sensazione che, di nuovo, qualunque valutazione dei risultati possa privilegiare la quantità a scapito della qualità?
Infine, se essere docenti o ricercatori significa dedicare ore a cavilli burocratici o a pratiche amministrative, completare 120 ore di didattica annuali sommate a tesi, prove finali, riunioni e organizzazione di congressi, il tutto senza poter contare sulla collaboraione di altri se non dei dottorandi di turno, come si può fare seriamente ricerca? Molti reclutano gratuitamente mogli e famigliari per una migliore gestione, ma non tutti se lo possono permettere, e sopratutto, vi pare che questo sia etico?
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Cari colleghi, il dibattito che si sta sviluppando sullo 'status' dei precari della ricerca è interessante e merita, a mio parere, una considerazione molto più approfondita. Purtroppo 18600 Euro annui, quando ci sono, sono pochi anche in luoghi diversi da Milano (per esemppio qui ad Udine), ma lo scandalo più macroscopico è che molto spesso i precari lavorano per somme ben più irrisorie, se non gratis,al limite. Questo dovrebbe essere del tutto bandito dall'Università e da qualsiasi ambiente di ricerca pubblico. Un importante elemento per evitare situazioni al di sotto della decenza, se non al limite dello schiavismo, dovrebbe essere la deontologia professionale di chi ha responsabilità di conduzione scientifica e manageriale dei gruppi di ricerca. Tuttavia, poiché appellarsi alla coscienza deontologica non funziona (è un'amara postdizione), credo che occorra creare obblighi di legge ben precisi per evitare abusi che, oltre ad essere lesivi della dignità professionale del lavoro intellettuale, spianano la strada al malcostume ed al servilismo. Avevo sottoposto alla considerazione di tutti nel blog antesignano di questo forum due proposte ed un criterio, e mi pare il caso di ripresentarli dato che non li ho più visti in giro. Una di queste proposte concerne proprio la regolamentazione dello status dei precari, per riconoscere, per legge, una validità ai fini pensionistici del lavoro svolto, oltre al riconoscimento in termini di copertura socio-sanitaria.
Con qualche ulteriore aggiunta e precisazione, riformulo le proposte, che sono delle ricette operative urgenti per aumentare gli stanziamenti alla ricerca pubblica, ed il criterio, che è una linea guida generale per la salvaguardia del 'buoncostume' professionale dei ricercatori. Sulla necessità di aumentare l'entità dello stanziamento pubblico alla ricerca, penso non vi sia bisogno di commentare, la riconoscono anche le pietre. Idem sulla necessità di adottare misure di controllo della qualità scientifica degli universitari.
PROPOSTE
A) Contributi previdenziali versati dallo Stato per i giovani ricercatori che lavorano nell'Università e negli enti pubblici di ricerca come precari con borse postdottorato di ogni genere. L'Italia è l'unico paese della UE dove è possibile assumere giovani ricercatori sottopagandoli e senza alcuna tutela socio-previdenziale, o al limite a retribuzione nulla, senza incorrere nelle sanzioni di una disciplina vigente in materia. Lo stato di precarietà lavorativa nella ricerca è diffuso in tutto il mondo, è una delle modalità tipiche dell'acesso alla ricerca che precede la stabilizzazione, ma che può durare anche a lungo senza necessariamente risolversi con esito positivo. Perché solo in Italia chi è precario della ricerca deve anche vedere vanificati i migliori anni della sua produttività intellettuale ai fini della sua carriera contributiva previdenziale? A più riprese, governi di diverso colore politico hanno varato schemi legislativi per alleviare l'industria dal 'gravame' della contribuzione sociale per i neoassunti, anche con forme di contratto a termine. Un provvedimento del genere non è stato mai adottato per i precari della ricerca universitaria. La richiesta è che divenga prassi ordinaria ed istituzionale il versamento da parte dello Stato dei contributi socio-previdenziali e pensionistici ai giovani ricercatori precari di università ed enti pubblici di ricerca. Quindi ciascun contratto che viene stipulato, per conto di un gruppo di ricerca, da un dipartimento o da una facoltà universitaria o da qualsiasi altra amministrazione di enti di ricerca pubblica, dovrà essere integrato dallo Stato con la quota corrispondente per i versamenti assicutarivi sanitari, antiinfortunistici e pensionistici. Ciò costituisce un incremento concreto di stanziamenti per la ricerca.
B) Esenzione IVA della ricerca pubblica - comporterebbe l'aumento netto del 20% per i fondi a disposizione per acquisti di ogni genere di beni e prestazioni finalizzate alla ricerca. L'Italia è uno dei pochi paesi leader europei in cui si paga ancora l'IVA sulla ricerca. Attualmente in Italia l'unica esenzione IVA a beneficio della ricerca si ottiene solo se si dispone di fondi UE, comunque per acquisti non inferiori a 500 Euro. L'esenzione IVA per la ricerca dovrebbe rigidamente escludere la ricerca industriale che già riceve sovvenzioni oltre il dovuto in Italia, poiché è prassi tristemente consolidata, da parte dell'industria, presentare come ricerca attività ordinarie, per beneficiare di sgravi fiscali (regalare all'industria anche l'IVA sarebbe il colmo).
CRITERIO
Premesso che una riforma universitaria che possa bonificare l'ambiente dai guasti che si sono determinati in questi anni per la mancanza di criteri meritocratici reali e non solo di facciata, è realizzabile in molti modi (la cooptazione essendo la forma più estrema ma intellettualmente onesta), un criterio fondamentale da implementare se non si vuole vanificare l'impostazione meritocratica di un riassetto dell'università e quello della verifica successiva alla chiamata di professori e ricercatori. Dovrebbe essere istituzionalizzata una verifica biennale, basata su criteri di produttività scientifica rigidi dell'attività di professori e ricercatori chiamati da qualsiasi facoltà. Qualora la verifica fosse negativa, la facoltà perderebbe l'equivalente di metà del budget destinato alla posizione di professore o ricercatore sottoposta a procedura di controllo biennale. Una seconda verifica negativa consecutiva comporterebbe un'ulteriore dimezzamento del budget sulla posizione verificata. Una terza verifica negativa consecutiva comporterebbe l'inquadramento del docente o ricercatore in altra amministrazione pubblica. Una verifica positiva comporterebbe il ripristino del budget nella misura di quanto perso al precedente controllo biennale. Una verifica potrebbe tuttavia essere anche più che positiva. In tal caso la facoltà guadagnerebbe un quarto del budget della posizione verificata. La contabilità amministrativa della compensazione economica del meccanismo sarebbe effettuata dai singoli atenei, con rientri o aggravi ulteriori a favore o a carico dei fondi oridinari di funzionamento.
Un saluto a tutti Rino Esposito
Quoting Enrico Valdinoci enrico@math.utexas.edu:
Concordo con Mirella, ma sono piu' radicale: i giovani devono piantarla di lavorare gratis!
Se lavorano gratis, rovinano il mercato a chi non puo' permettersi di fare altrettanto.
Non ne posso piu' di questi precari per scelta che prima decidono di lavorare gratis (chi li mantiene?) nella speranza che qualcuno regali loro un posto e poi protestano contro un precariato che loro stessi hanno scelto e favorito.
Uno puo' pure decidere di lavorare gratis per "amore della scienza" o semplicemente per "andare in paradiso": ma nel qual caso non puo' chiedere a viva voce che si tarocchi un concorso per farlo vincere per forza...
Scusate se son troppo diretto. Bye, E.
On Fri, 5 Dec 2008, Mirella Sari Gorla wrote:
Con questo messaggio vorrei soltanto esprimere il mio sconcerto per un aspetto che compare in modo ricorrente nei messaggi che ho ricevuto: viene considerato normale, seppure non auspicabile, il fatto che giovani vengano impiegati nel lavoro di ricerca senza alcuna retribuzione. Nel dipartimento in cui opero (ma penso sia così in genere nella Facoltà di Scienze dell?Università di Milano) un comportamento del genere non esiste! Nessuno lavora gratis: i giovani (dottorandi o post-doc) vengono pagati sui fondi di ricerca del gruppo in cui operano, con borse di studio (se hanno meno di 29 anni), con COCOCO o con assegni di ricerca. Questi non costituiscono certo una retribuzione favolosa, ma 18600 euro all?anno non possono essere considerati un?elemosina, soprattutto quando si vive in una città diversa da Milano, dove questa retribuzione è molto modesta, considerando che qui il costo della vita è alto. In conclusione, considero il comportamento sopra menzionato gravemente scorretto e ribadisco il mio stupore nel vedere che per molti colleghi esso venga invece considerato normale.
At 11.06 04/12/2008, you wrote:
Cari tutti, ciò che scriverò a continuazione riguarda la mia personale e sperienza e quella di numerosi altri giovani come me.
Innanzitutto vorrei dire a chi forma i proprio studenti più brillanti in vista di un futuro concorsi che la lunga trafila di compiti accademici non pagati, caratterizzano gli anni di dottorato e post doc, potrebbero anche servire al candidato per conoslidare la sua formazione e poter così competere anche in caso di valutazioni comparative nazionali e non truccate. Questo non toglie che sia ingiusto e faticoso passare lunghi anni senza retribuzione o con piccole somme da fame.
Nonostante io abbia fatto il Dottorato in altra sede, non capisco in nessuno modo la volontà di imporre che non si possa essere assunti presso l'università nella quale ci si è laureati: conoscere meglio l'ambiente e la burocrazia, oltre a essere in linea con le ricerche della sede dovrebbero essere considerati punti di forza del candidato e non uno svantaggio.
Non ritengo utile impedire a un ordinario che ritenga capace e meritevole un suo studente di offrirgli la possibilità di un posto da ricercatore (per il quale il "maesro" deve lottare molto e non ne sarebbe disposto se non per qualcuno che stima). Il problema è che spesso si privilegiano i rapporti di parentela o di altro tipo, problema che si potrebbe risolvere soltanto se i fondi fossero strettamente legati alla quantità e alla qualità dei prodotti delle singole persone (e non del dipartimento).
Porgo un ulteriore spunto di riflessione: perchè ho la sensazione che, di nuovo, qualunque valutazione dei risultati possa privilegiare la quantità a scapito della qualità?
Infine, se essere docenti o ricercatori significa dedicare ore a cavilli burocratici o a pratiche amministrative, completare 120 ore di didattica annuali sommate a tesi, prove finali, riunioni e organizzazione di congressi, il tutto senza poter contare sulla collaboraione di altri se non dei dottorandi di turno, come si può fare seriamente ricerca? Molti reclutano gratuitamente mogli e famigliari per una migliore gestione, ma non tutti se lo possono permettere, e sopratutto, vi pare che questo sia etico?
Marina _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Prof. Mirella Sari-Gorla Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie Via Celoria 26, 20133 Milano, Italy tel: +39 02 503 1 5014 fax: +39 02 503 1 5044 E-mail: MIRELLA.SARIGORLA@UNIMI.IT web: http://users.unimi.it/~camelot
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---------------------------------------------------------------------- SEMEL (SErvizio di Messaging ELettronico) - CSIT -Universita' di Udine
ho sinteticamente messo un sondaggio sul mio blog http://universitintrasformazione.blogspot.com/ sull'argomento di Esposito che vi ricordo:
Cari colleghi, il dibattito che si sta sviluppando sullo 'status' dei precari della ricerca è interessante e merita, a mio parere, una considerazione molto più approfondita. Purtroppo 18600 Euro annui, quando ci sono, sono pochi anche in luoghi diversi da Milano (per esemppio qui ad Udine), ma lo scandalo più macroscopico è che molto spesso i precari lavorano per somme ben più irrisorie, se non gratis,al limite.......segue
RICORDATEVI CHE I SONDAGGI SONO SOLO DEI PICCOLI STRUMENTI PER INVOGLIARE A DISCUSSIONI SERIE.
Metterei volentieri sul Blog una proposta molto piu` sintetica, ricordatevi che non tocca a noi formulare proposte complete ma, secondo me, meglio indicazioni di massima. claudio procesi
ricordatevi che non tocca a noi formulare proposte complete ma, secondo me, meglio indicazioni di massima.
Caro Claudio,
il mio pessimismo cosmico mi impone invece di caldeggiare una proposta super-completa.
In un paese come il nostro, una richiesta di "cooptazione+valutazione dei risultati ottenuti" rischia di naufragare se non si e` assolutamente rigorosi sulla valutazione stessa.
Capisco che, dal punto di vista della logica stretta, non siamo noi i politici, e per quel che li paghiamo dovrebbero esser loro a limare i dettagli della proposta. Ma temo fortemente che qualsiasi proposta troppo poco specifica sui criteri di `valutazione' possa portare al massimo ad una `autovalutazione' dei risultati. E allora, come sempre, saremo tutti bravissimi.
Grazie moltissimo per quel che stai facendo! Ciao, E.
Senza che il dibattito sia soffocato, credo di vedere due punti utili al proseguimento di questo Forum su cui confrontarsi:
1. E' piu' utile cercare di trasformarsi in direttori generali del ministero della ricerca oppure cercare l'accordo su un piccolo numero di secchi criteri irrinunciabili per il buon funzionamento delle discipline della facolta' di scienze e insistere su quelli?
2. Se si propende per il secondo atteggiamento, e' piu' utile adottare criteri "ragionevoli e realistici" oppure non si deve temere di proporre criteri "rivoluzionari" rispetto alla situazione attuale.
Realisticamente parlando (sic, ma senza farmi troppe illusioni) io propendo per la seconda che dico sia per 1 che per 2.
Riccardo Barbieri
Completamente d'accordo con Riccardo Barbieri.
Enrico Arbarello.
On Dec 6, 2008, at 12:07 PM, Riccardo BARBIERI wrote:
Senza che il dibattito sia soffocato, credo di vedere due punti utili al proseguimento di questo Forum su cui confrontarsi:
- E' piu' utile cercare di trasformarsi in direttori
generali del ministero della ricerca oppure cercare l'accordo su un piccolo numero di secchi criteri irrinunciabili per il buon funzionamento delle discipline della facolta' di scienze e insistere su quelli?
- Se si propende per il secondo atteggiamento, e' piu' utile
adottare criteri "ragionevoli e realistici" oppure non si deve temere di proporre criteri "rivoluzionari" rispetto alla situazione attuale.
Realisticamente parlando (sic, ma senza farmi troppe illusioni) io propendo per la seconda che dico sia per 1 che per 2.
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contrariamente a Barberi io sono convinto che NON si possa discutere solo dei problemi delle facolta` scientifiche, i problemi delle discipline umanistiche sono diversi ma non meno drammatici cosi pure quelli di medicina, certo nessuno di noi si vuol mettere a fare il direttore generale o a scrivere la nuova riforma universitaria, ma certi problemi si riproducono. I 1300 euro al mese dell'assegno di ricerca di Marina Bianchi sono comunque di piu dello stipendio di un ricercatore all'inizio. Verissimo che il ricercatore ha ormai conquistato il suo posto al sole ma e` questa la logica? Per sperare di guadagnare quando sara vecchio e magari inproduttivo 3 o 4 volte tanto?
Queste sono distorsioni sistemiche e come tali vanno affrontate. Mi piacerebbe che, accanto alla mailinglist si usassero di piu i blog che richiedono un po piu di sforzo ma poi sono piu facili da visualizzare e producono una discussione piu ordinata. Il mio e`
http://universitintrasformazione.blogspot.com/
puo contenere fino a 100 autori, chi e` interessato si faccia avanti.
Se ne aprite altri su google possiamo mettere in piedi un sistema di feed che scambia le informazioni in tempo reale.
Io sono molto interessato a sentire le opinioni dei colleghi e dei giovani umanisti che spesso lottano contro un ambiente che a me sembra piu sclerotizzato del nostro, dei medici che cercano di fornirci degli ospedali universitari di avanguardia di cui il paese ha un enorme bisogno, un po meno sono interessato delle opinioni di quelli che, nelle varie discipline (in matematica meno per mancanza di occasioni) usano l'universita` per mettere il titolo sul biglietto da visita ed alzare le parcelle professionali.
Credo che si potra` discutere meglio dopo il 13
claudio On Dec 6, 2008, at 12:07 PM, Riccardo BARBIERI wrote:
Senza che il dibattito sia soffocato, credo di vedere due punti utili al proseguimento di questo Forum su cui confrontarsi:
- E' piu' utile cercare di trasformarsi in direttori
generali del ministero della ricerca oppure cercare l'accordo su un piccolo numero di secchi criteri irrinunciabili per il buon funzionamento delle discipline della facolta' di scienze e insistere su quelli?
- Se si propende per il secondo atteggiamento, e' piu' utile
adottare criteri "ragionevoli e realistici" oppure non si deve temere di proporre criteri "rivoluzionari" rispetto alla situazione attuale.
Realisticamente parlando (sic, ma senza farmi troppe illusioni) io propendo per la seconda che dico sia per 1 che per 2.
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Prof. Claudio Procesi, Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia
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