Cari Colleghi, come risposta ai sempre più frequenti attacchi sui mass media relativi ai "concorsi truccati" con cui si vuole convincere un'opinione pubblica (a cui in verità dell'Università, tranne l'aspetto folkloristico delle manifestazioni, non sembra importare molto) che tutta l'Università è malata e quindi tutti d'accordo che le sta bene se si tagliano un pò di fondi, ecc. (destra e sinistra unite visto che la campagna contro non ha un chiaro colore politico), abbiamo incominciato a parlare di meritocrazia, di sorteggio dei commissari, di I.F., di studiosi stranieri che dicano la loro e così via. Sembrano tutti dimenticare come vanno e, con piccole modifiche, sono andate le cose e perchè siamo (chi lo è) ricercatori o professori di I o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi, per il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il professore. Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è poi molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno di personale più degli altri settori, che ha eventuali candidati con le carte in regola, che la sua ricerca è quotata anche internazionalmente, che la didattica è esorbitante, che sta per andare in pensione, ecc. Deve convincere che un posto di ricercatore, inizialmente (ma la storia si ripete per la carriera successiva), su quel settore non è necessario, è indispensabile. Deve convincere a livello di C.d.L. o di Dipartimento prima, di Facoltà dopo, altre persone che diranno le stesse cose per i loro settori. La lotta è lunga (dato che i posti sono pochi e poco frequenti), al termine della quale, se si è vinto, l'Università bandisce quel posto. A questo punto X si fa nominare membro interno (una volta si sarebbe fatto votare dai colleghi) della Commissione giudicatrice e cercherà di convincere gli altri Commissari (eletti o sorteggiati che siano) che il suo allievo è meritevole di vincere. La doppia (addirittura tripla inizialmente) idoneità, oggi tanto contestata, gli veniva in aiuto in quanto anche almeno un altro Commissario poteva essere soddisfatto (e prepararsi a sua volta alla lotta perchè l'idoneo, chiamato, fosse pagato da una Università che non aveva richiesto il posto e poteve non avere molti fondi). Quasi (ripeto quasi) tutti noi siamo all'Università con un iter di questo tipo. Invece, in nome di una meritocrazia fine a se stessa, se il candidato di X fosse stato meno bravo, avrebbe dovuto vincere un altro più meritevole che però forse faceva altra ricerca con strumenti diversi, che potrebbe essere scontento di trasferirsi, che alla prima occasione ritorna nell'Università di provenienza (alle volte, ripeto alle volte, si inserisce perfettamente e dimostra di essere stato un ottimo acquisto, in questo caso però che ne facciamo dell'altro? aspetta vent'anni per un successivo concorso?). Ecco, secondo me tenendo ben presente tutto questo iter dobbiamo cercare di individuare l'anello debole della catena di eventi ed intervenire lì. Infine, sempre a proposito di meritocrazia, chi pensa di avere vinto un concorso perchè raccomandato e non perchè lo meritava? Grazie, con un cordiale saluto, Giovanni U. Floris, Università di Cagliari
Caro Floris
l'anello debole sta proprio nell'assunto iniziale: che un docente da solo non sia in grado di condurre un progetto di ricerca. Che non abbia personale tecnico che dipende direttamente da lui, e che perda tempo in compiti che potrebbero essere agevolmente svolti da un segretario/a. Che non abbia la possibilita' di avere piu' dottorandi o assegnisti che si sovrappongano per un periodo piu' o meno lungo, in modo da garantire una continuita' al lavoro di ricerca del gruppo. Se cosi' fosse, non ci sarebbe bisogno di tenersi l'allievo bravo. Perche' il Dipartimento dovrebbe prendere un ricercatore o un docente che segua la stessa linea di ricerca? Meglio garantire ad ogni ricercatore/docente la possibilita' di svolgerla, la ricerca, e differenziare le competenze didattiche e scientifiche. L'allievo bravo portera' la sua esperienza e la conoscenze del suo gruppo in un altro Dipartimento, dove verra' preso proprio per questo.
Saluti, Leonida Fusani
At 11:36 03/12/08, you wrote:
Cari Colleghi, come risposta ai sempre più frequenti attacchi sui mass media relativi ai "concorsi truccati" con cui si vuole convincere un'opinione pubblica (a cui in verità dell'Università, tranne l'aspetto folkloristico delle manifestazioni, non sembra importare molto) che tutta l'Università è malata e quindi tutti d'accordo che le sta bene se si tagliano un pò di fondi, ecc. (destra e sinistra unite visto che la campagna contro non ha un chiaro colore politico), abbiamo incominciato a parlare di meritocrazia, di sorteggio dei commissari, di I.F., di studiosi stranieri che dicano la loro e così via. Sembrano tutti dimenticare come vanno e, con piccole modifiche, sono andate le cose e perchè siamo (chi lo è) ricercatori o professori di I o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi, per il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il professore. Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è poi molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno di personale più degli altri settori, che ha eventuali candidati con le carte in regola, che la sua ricerca è quotata anche internazionalmente, che la didattica è esorbitante, che sta per andare in pensione, ecc. Deve convincere che un posto di ricercatore, inizialmente (ma la storia si ripete per la carriera successiva), su quel settore non è necessario, è indispensabile. Deve convincere a livello di C.d.L. o di Dipartimento prima, di Facoltà dopo, altre persone che diranno le stesse cose per i loro settori. La lotta è lunga (dato che i posti sono pochi e poco frequenti), al termine della quale, se si è vinto, l'Università bandisce quel posto. A questo punto X si fa nominare membro interno (una volta si sarebbe fatto votare dai colleghi) della Commissione giudicatrice e cercherà di convincere gli altri Commissari (eletti o sorteggiati che siano) che il suo allievo è meritevole di vincere. La doppia (addirittura tripla inizialmente) idoneità, oggi tanto contestata, gli veniva in aiuto in quanto anche almeno un altro Commissario poteva essere soddisfatto (e prepararsi a sua volta alla lotta perchè l'idoneo, chiamato, fosse pagato da una Università che non aveva richiesto il posto e poteve non avere molti fondi). Quasi (ripeto quasi) tutti noi siamo all'Università con un iter di questo tipo. Invece, in nome di una meritocrazia fine a se stessa, se il candidato di X fosse stato meno bravo, avrebbe dovuto vincere un altro più meritevole che però forse faceva altra ricerca con strumenti diversi, che potrebbe essere scontento di trasferirsi, che alla prima occasione ritorna nell'Università di provenienza (alle volte, ripeto alle volte, si inserisce perfettamente e dimostra di essere stato un ottimo acquisto, in questo caso però che ne facciamo dell'altro? aspetta vent'anni per un successivo concorso?). Ecco, secondo me tenendo ben presente tutto questo iter dobbiamo cercare di individuare l'anello debole della catena di eventi ed intervenire lì. Infine, sempre a proposito di meritocrazia, chi pensa di avere vinto un concorso perchè raccomandato e non perchè lo meritava? Grazie, con un cordiale saluto, Giovanni U. Floris, Università di Cagliari _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione mailing list Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ Leonida Fusani Associate Professor Department of Biology and Evolution, University of Ferrara Via Luigi Borsari 46, 44100 Ferrara, Italy
Teleph: +39-0532-455478 Fax.: +39-0532-207143 Mobile: +39-348-4900160 leofusani@gmail.com http://www.unife.it/db/elenco/ricerca/?nome=leonida&cogn=fusanihttp://www.unife.it/db/elenco/ricerca/?nome=leonida&cogn=fusani
Secretary Societa' Italiana di Etologia http://w3.uniroma1.it/sie/ +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Il messaggio di Giovanni Floris sottolinea un problema reale e merita una risposta.
2008/12/3 Giovanni Floris floris@unica.it: [...]
o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi, per il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il professore. Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è poi molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno di
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Tutto cio' e' comprensibile, e accadeva (magari senza qualche degenerazione mediterranea) anche ad Harvard e nelle altre universita' d'elites degli USA. Puo' essere documentato statisticamente che in quelle date e prima negli USA e probabilmente ovunque nel mondo il livello di "imbreeding" (docenti laureati nella medesima universita') era comparabile ai livelli italiani di oggi.
Tuttavia nei decenni successivi, probabilmente a partire dagli anni '30, e' possibile documentare statisticamente che (almeno nella maggioranza degli Atenei e Dipartimenti USA) c'e stata una radicale evoluzione verso un sistema dove l'imbreeding e' stato ridotto praticamente a zero. Questa e' la situazione largamente prevalente oggi negli USA, seppure con eccezioni (come Yale Law School per esempio). E' anche possibile documentare attraverso indicatori di vario genere che contemporaneamente all'azzeramento dell'imbreeding accademico la societa' USA e' diventata piu' aperta e meritocratica, nel senso che in misura sempre maggiore il merito e non la provenienza familiare ha consentito di conseguire i livelli piu' elevati di istruzione, qualificazione e remunerazione.
Questo sistema non e' esclusivo degli USA e praticamente tutti i Paesi europei avanzati lo stanno progressivamente adottando. L'Italia per vari indicatori (ad es. la percentuale di studenti e docenti stranieri) si trova nelle ultimissime posizioni, scavalcata clamorosamente anche dalla Spagna.
A mio parere l'imbreeding pur consentendo all'Accademia di funzionare con risultati dignitosi e anche eccellenti in alcuni limitati casi, in generale contrasta con l'imparzialita' nell'allocare le risorse nella maniera piu' efficace e cioe' proporzionalmente al merito e alle prospettive di produttivita' scientifica. In particolare, specificamente nel contesto italiano/mediterraneo, e' esiziale consentire che i rapporti personali (che negli ambiti piu' degradati tendono ad essere familistici o politici) si sedimentino e prevalgano. Pertanto ritengo che - nonostante quanto scritto sia molto comprensibile, lo ripeto - uno dei punti fondamentali della riforma dell'universita' italiana deve essere lo scardinamento per legge dell'imbreeding (per legge, perche' la pressione sociale non puo' essere sufficiente). Come gia' scritto nel blog, ritengo che la riforma dovrebbe scardinare l'imbreeding ai livelli iniziali della carriera, quando i candidati sono piu' giovani e mobili, e quindi tra la laurea e il dottorato, tra il dottorato e il post-doc, e infine tra il post-doc e l'assunzione (per es. con tenure track) alla docenza accademica. Come gia' scritto, questo comporta anche pagare adeguatamente chi fa dottorato, post-doc e ricercatore al livello iniziale. Se questo viene fatto, e se poi vi sono sistemi efficaci di valutazione e responsabilizzazione delle scelte, allora potra' essere possibile che il resto della carriera si svolga (come negli USA) prevalentemente all'interno della stessa istituzione, e con meccanismi meno vessatori degli attuali concorsi.
Cordialmente, -- Alberto Lusiani
Un'osservazione "su due piedi" sull'ultimo scambio di messaggi in seguito a quello di Floris.
Mi pare che contro l'imposizione per legge di meccanismi titpo "dopo il dottorato si cambia sede" rischi di creare piu' danni che benefici. A parte l'ovvia osservazione che da tempo immemorabile ormai cambiare citta' e quindi doversi cercare un tetto sotto il quale ripararsi in Italia e' problema non del tutto banale (se non altro per una questione di costi incompatibili con le borse di dottorato o certi stipendi), avrei altre obiezioni.
1. Un tal provvedimento e' gia' stato tentato in passato (seconda meta' anni 80? la mia vecchia memoria non mi assiste molto). Abbandonato piu' o meno a furor di popolo (universitario, s'intende) in tempi rapidi, o almeno del tutto caduto in disuso. Quello che ricordo e' che nel corridoio dei fisici teorici, dove allora passavo gran parte del mio tempo, sembrava che ci fosse un grande impegno nel garantire a qualcuno dei neo promossi ordinari la permanenza in sede, in barba al volere dei ministri.
2. Temo che non ci siano da aspettarsi grandi risultati. Devo confessare che quando, non molti anni fa, i deprecati (e giustamente!) concorsi nazionali furono eliminati per sostituirli con quelli locali io pensai che si potessero finalmente rompere certi meccanismi perversi. Non serve dilungarsi su come e' andata a finire: lo sappiamo tutti. Questa volta, facendo tesoro degli errori di valutazione (miei) del passato ho provato ad immaginare l'antidoto. Me ne viene in mente uno molto semplice. Se ho un allievo che mi piacerebbe spingere avanti mi metto d'accordo con un collega Y di un'altra sede che ha lo stesso desiderio. Facciamo uno scambio per i fatidici tre anni che in questi casi diventano i limiti di legge; io prendo il suo, lui il mio. Se va bene possiamo anche fare in modo che lo spostamento sia del tutto virtuale (fatto salvo il minimo di presenze per impegni didattici). Dopo tre anni si organizza una coppia di trasferimenti, e si riaggiusta tutto. Naturalmente sono possibili anche le triangolazioni. E' solo una mia fantasia? O pensiamo che chi si e' dimostrato tanto abile nell'organizzare le cordate per votare i commissari e gli scambi di candidati nei concorsi locali non sara' in grado di mettere in atto questo trucco ingenuo (ma l'ho pensato "su due piedi) o qualche altro intrigo piu' sofisticato (che magari potrei immaginare appoggiando tutti e quattro i piedi per terra)?
Cari saluti
Antonio Giorgilli Dipartimento di Matematica Via Saldini 50 20133 MILANO (Italy)
Ph. number: xx02 503 16169
Quoting Alberto Lusiani alberto.lusiani@pi.infn.it:
Il messaggio di Giovanni Floris sottolinea un problema reale e merita una risposta.
2008/12/3 Giovanni Floris floris@unica.it: [...]
o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi,
per
il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il
professore.
Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è
poi
molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno
di [...]
Tutto cio' e' comprensibile, e accadeva (magari senza qualche degenerazione mediterranea) anche ad Harvard e nelle altre universita' d'elites degli USA. Puo' essere documentato statisticamente che in quelle date e prima negli USA e probabilmente ovunque nel mondo il livello di "imbreeding" (docenti laureati nella medesima universita') era comparabile ai livelli italiani di oggi.
Tuttavia nei decenni successivi, probabilmente a partire dagli anni '30, e' possibile documentare statisticamente che (almeno nella maggioranza degli Atenei e Dipartimenti USA) c'e stata una radicale evoluzione verso un sistema dove l'imbreeding e' stato ridotto praticamente a zero. Questa e' la situazione largamente prevalente oggi negli USA, seppure con eccezioni (come Yale Law School per esempio). E' anche possibile documentare attraverso indicatori di vario genere che contemporaneamente all'azzeramento dell'imbreeding accademico la societa' USA e' diventata piu' aperta e meritocratica, nel senso che in misura sempre maggiore il merito e non la provenienza familiare ha consentito di conseguire i livelli piu' elevati di istruzione, qualificazione e remunerazione.
Questo sistema non e' esclusivo degli USA e praticamente tutti i Paesi europei avanzati lo stanno progressivamente adottando. L'Italia per vari indicatori (ad es. la percentuale di studenti e docenti stranieri) si trova nelle ultimissime posizioni, scavalcata clamorosamente anche dalla Spagna.
A mio parere l'imbreeding pur consentendo all'Accademia di funzionare con risultati dignitosi e anche eccellenti in alcuni limitati casi, in generale contrasta con l'imparzialita' nell'allocare le risorse nella maniera piu' efficace e cioe' proporzionalmente al merito e alle prospettive di produttivita' scientifica. In particolare, specificamente nel contesto italiano/mediterraneo, e' esiziale consentire che i rapporti personali (che negli ambiti piu' degradati tendono ad essere familistici o politici) si sedimentino e prevalgano. Pertanto ritengo che - nonostante quanto scritto sia molto comprensibile, lo ripeto - uno dei punti fondamentali della riforma dell'universita' italiana deve essere lo scardinamento per legge dell'imbreeding (per legge, perche' la pressione sociale non puo' essere sufficiente). Come gia' scritto nel blog, ritengo che la riforma dovrebbe scardinare l'imbreeding ai livelli iniziali della carriera, quando i candidati sono piu' giovani e mobili, e quindi tra la laurea e il dottorato, tra il dottorato e il post-doc, e infine tra il post-doc e l'assunzione (per es. con tenure track) alla docenza accademica. Come gia' scritto, questo comporta anche pagare adeguatamente chi fa dottorato, post-doc e ricercatore al livello iniziale. Se questo viene fatto, e se poi vi sono sistemi efficaci di valutazione e responsabilizzazione delle scelte, allora potra' essere possibile che il resto della carriera si svolga (come negli USA) prevalentemente all'interno della stessa istituzione, e con meccanismi meno vessatori degli attuali concorsi.
Cordialmente,
Alberto Lusiani _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione mailing list Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
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Caro Floris
Condivido gran parte delle considerazioni che hai fatto nel tuo intervento su Universitas in trasformazione, ma non posso che convenire con chi pone l'anello debole della catena all'inizio, quando il Prof. X è costretto dalla "situazione" in cui opera a investire tutto su una unica persona, e a legarsi indissolubilmente ad essa, anche se si rivelerà poi durante il cammino non così eccellente come sembrava! E' assurdo pretendere che X, anche se valido, possa sopravvivere scientificamente senza adeguate risorse, personale tecnico, dottorandi, assegnisti,ecc.Questi sono i paracaduti di cui X attualmente non può disporre.
Con un cordiale saluto, Eugenio Muller, Università di Milano ----- Original Message ----- From: Giovanni Floris To: Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Wednesday, December 03, 2008 11:36 AM Subject: [Universitas_in_trasformazione] riflessioni
Cari Colleghi, come risposta ai sempre più frequenti attacchi sui mass media relativi ai "concorsi truccati" con cui si vuole convincere un'opinione pubblica (a cui in verità dell'Università, tranne l'aspetto folkloristico delle manifestazioni, non sembra importare molto) che tutta l'Università è malata e quindi tutti d'accordo che le sta bene se si tagliano un pò di fondi, ecc. (destra e sinistra unite visto che la campagna contro non ha un chiaro colore politico), abbiamo incominciato a parlare di meritocrazia, di sorteggio dei commissari, di I.F., di studiosi stranieri che dicano la loro e così via. Sembrano tutti dimenticare come vanno e, con piccole modifiche, sono andate le cose e perchè siamo (chi lo è) ricercatori o professori di I o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi, per il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il professore. Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è poi molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno di personale più degli altri settori, che ha eventuali candidati con le carte in regola, che la sua ricerca è quotata anche internazionalmente, che la didattica è esorbitante, che sta per andare in pensione, ecc. Deve convincere che un posto di ricercatore, inizialmente (ma la storia si ripete per la carriera successiva), su quel settore non è necessario, è indispensabile. Deve convincere a livello di C.d.L. o di Dipartimento prima, di Facoltà dopo, altre persone che diranno le stesse cose per i loro settori. La lotta è lunga (dato che i posti sono pochi e poco frequenti), al termine della quale, se si è vinto, l'Università bandisce quel posto. A questo punto X si fa nominare membro interno (una volta si sarebbe fatto votare dai colleghi) della Commissione giudicatrice e cercherà di convincere gli altri Commissari (eletti o sorteggiati che siano) che il suo allievo è meritevole di vincere. La doppia (addirittura tripla inizialmente) idoneità, oggi tanto contestata, gli veniva in aiuto in quanto anche almeno un altro Commissario poteva essere soddisfatto (e prepararsi a sua volta alla lotta perchè l'idoneo, chiamato, fosse pagato da una Università che non aveva richiesto il posto e poteve non avere molti fondi). Quasi (ripeto quasi) tutti noi siamo all'Università con un iter di questo tipo. Invece, in nome di una meritocrazia fine a se stessa, se il candidato di X fosse stato meno bravo, avrebbe dovuto vincere un altro più meritevole che però forse faceva altra ricerca con strumenti diversi, che potrebbe essere scontento di trasferirsi, che alla prima occasione ritorna nell'Università di provenienza (alle volte, ripeto alle volte, si inserisce perfettamente e dimostra di essere stato un ottimo acquisto, in questo caso però che ne facciamo dell'altro? aspetta vent'anni per un successivo concorso?). Ecco, secondo me tenendo ben presente tutto questo iter dobbiamo cercare di individuare l'anello debole della catena di eventi ed intervenire lì. Infine, sempre a proposito di meritocrazia, chi pensa di avere vinto un concorso perchè raccomandato e non perchè lo meritava? Grazie, con un cordiale saluto, Giovanni U. Floris, Università di Cagliari
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